Dal libro dell’Esodo 24, 3-8
Dal Salmo 115
Dalla lettera agli Ebrei 9, 11-15
Dal Vangelo secondo Marco 14, 12-16.22-26

Non possiamo comprendere appieno il sacrificio di Gesù, con tutta la ricchezza di grazie che ne è scaturita per la nostra salvezza, se non torniamo al brano del libro dell’Esodo che oggi la liturgia propone come prima lettura. E’ il documento di un patto stipulato tra Dio e gli uomini. Dio parla, propone, adattando Sua immensità  alla misura dell’ uomo. “Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!».
Questo è il patto, l’alleanza che viene stretta tra il Signore Dio e il popolo, il quale accetta liberamente i termini del contratto. In segno di adesione vengono sacrificati alcuni animali e il sangue viene sparso metà sopra l’altare e l’altra metà sul popolo: “Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi…”.
Questa prima alleanza prevedeva fedeltà e rispetto delle promesse da parte dei contraenti; dalla narrazione biblica sappiamo invece che il popolo (ognuno di noi) ha tradito più volte il patto stipulato e l’infedeltà è stata fonte di sofferenza e di dolore per ciascuno e per tutti. Nel corso dei secoli Dio ha ricordato più volte  il patto stipulato, richiamando il popolo alla fedeltà. Molti passi della Sacra Scrittura parlano degli accorati e ripetuti richiami di Dio, della fragilità  e della  sordità degli uomini alle parole dei profeti inviati per ricordare le promesse fatte.
Tutto è stato inutile ed ecco che, nel tempo stabilito, viene Gesù: “Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna“. “E se il sangue dei capri e dei vitelli, sparsi su quelli che sono contaminati li santificano, quanto più il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza dalle opere della morte”. “Per questo Egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza…”.
Gesù viene e si offre come vittima, una volta e per sempre; il Suo sacrificio è per l’eternità. Il patto è ristabilito non perché noi siamo diventati fedeli, ma perché la “vittima” che ha suggellato il patto è Gesù: Lui è fedele, obbediente, senza macchia, è Lui che fa la volontà del Padre. Solo in Lui siamo salvi. All’ombra della Sua Croce, noi godiamo dei frutti del Sacrificio: una nuova ed eterna alleanza  che non sarà mai più sciolta.
Il brano del vangelo di Marco racconta la celebrazione della pasqua ebraica. Gesù si reca Gerusalemme per celebrare il rito come è tradizione degli Ebrei. Egli sa che si avvicina l’ora del sacrificio e desidera lasciare un documento: il Suo corpo ed il Suo sangue nascosti realmente in un pezzo di pane azzimo e in un po’ di vino che erano lì sul tavolo insieme alle erbe amare e all’agnello arrostito, come prevedeva la tradizione.
Nel memoriale di quella cena è  il mistero dei misteri, eppure le parole che lo tramandano sono di una semplicità sconcertante: “Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti..»”.
L’essenzialità dei gesti, la semplicità del pane e del vino contrastano con le parole che vengono pronunciate. Da quella “ultima” cena è iniziata l’eternità sulla terra: un’ eco potente ha diffuso quelle parole mentre le mani di migliaia di sacerdoti spazzano pani e levano calici in ogni angolo del mondo in memoria di quel sacrificio che ha stipulato la nuova ed eterna alleanza.
Cadono davanti a questa verità i nostri dubbi e le nostre incertezze; crollano i nostri scrupoli meschini sul fare o non fare la comunione. Se comprendessimo il dono di Dio, come dice Gesù alla samaritana al pozzo, correremmo a cibarci dell’unico pane che dà nutrimento ed a dissetarci al solo calice che disseta!

Signore, arrivando a Gerusalemme, chiedi dov’è la stanza nella quale celebrare la pasqua e lo domandi anche a me oggi. Quale “stanza” ho preparato, dov’è lo spazio ho riservato a Te nel mio cuore? Gesù mi trovi impreparata: la mia “sala con i tappeti” spesso non è pronta, eppure desidero molto che Tu venga ospite presso di me. Mentre mi affanno in tante cose, scopro che sei Tu che prepari la mensa e Ti fai cibo e nutrimento per me e per ogni persona. Rinnova ogni giorno il mio desiderio di Te, nascosto nella fragilità di una piccola ostia, davanti alla quale possiamo solo rimanere in silenzio e adorare insieme con tutti gli uomini e le donne della terra e con  gli angeli ed i santi del paradiso. Amen

CB 14.06.2009 MTM