19 GIUGNO 2009
XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Dal libro del profeta Geremia  23,1-6
Dal salmo 22
Dalla lettera di s. Paolo agli Efesini 2,13-18
Dal vangelo secondo Marco 6,30-34

La liturgia di oggi ci propone un brano dal vangelo di Marco del quale ci appropriamo spesso per giustificare la nostra “rilassatezza spirituale” estiva:
“Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’ ». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare”.
In verità prima dovremmo soffermarci un attimo sul versetto precedente :
”Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.”
La stanchezza degli apostoli è quella degli annunciatori del Regno, dei missionari, degli operatori pastorali, sacerdoti e laici, che possono riunirsi ancora oggi intorno a Gesù per riferire tutto quello che hanno fatto e insegnato. Le stanchezze che meritano l’invito di Gesù a riposarsi non sono lo stress che ci assale dopo un anno di lavoro, né quello del “corri corri”  per la spesa e neppure  quello delle nottate tirate fino all’alba per vivere la movida con tutte le conseguenze, spesso nefaste, che ne derivano, ma la fatica dell’annuncio, l’impegno per far giungere la Parola a tutti, il lavoro costante nell’animare le diverse realtà spirituali, la cura pastorale dei piccoli, dei giovani, delle famiglie, degli anziani, dei malati, di ogni cristiano che è in ricerca.
Chi ha ascoltato Gesù, gustato le sue  parole, assaporato la pace che da lui proviene non può fare a meno di cercarlo ancora e per questo il tentativo degli apostoli di ritirarsi in un luogo isolato fallisce subito perché, come racconta l’evangelista Marco, “Molti li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero”.
In questo  vangelo c’è un susseguirsi di verbi che dipingono perfettamente, quasi fotografano, sia la folla che Gesù.
Le azioni delle persone sono: vedere – capire – accorrere. Sono i verbi di chi è in ricerca, di chi ha bisogno, di chi comprende dove sta il suo bene e accorre, anche a costo di grandi sacrifici, per conquistarlo.
Il vangelo narra anche ciò che fece Gesù :“Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose”.
Le azioni di Gesù sono: vedere- commuoversi- insegnare: sono i verbi di chi ama, di chi ha occhi che sanno guardare nell’animo delle persone, di chi comprende le necessità profonde degli uomini, di chi ha parole per consolare, di chi è disposto a donare.
Gesù traccia in questo modo il profilo dell’evangelizzatore che deve “copiare” il suo stile:
-VEDERE significa avere attenzione per chi ci sta davanti. Non conta tanto ciò che pensiamo di dover dire quanto piuttosto mettersi vicino all’altro, farsi prossimo sapendo di dover percorrere insieme il cammino di conversione. Per “vedere” bisogna  purificare i nostri occhi e superare le differenze che spesso ci separano; è acquisire il modo di guardare di Gesù.
-COMMUOVERSI : è un verbo molto presente nella Bibbia; è un sentimento quasi viscerale di vicinanza. E’ un farsi carico della sofferenza dell’altro, non il pianto quanto piuttosto la percezione  di una  partecipazione che porta immediatamente al doversi  muovere–con insieme con chi è nel bisogno
– INSEGNARE : è il desiderio più grande di Gesù. Egli vuole dare alla folla la buona notizia dell’ amore che Dio ha per ogni persona; vuole prendersi cura di tutti, vuole che tutti giungano alla verità. Cosicché, nonostante la stanchezza, sull’altra riva accoglie la folla che si muoveva “come pecore senza pastore”.
Gesù poteva fare qualche miracolo strabiliante, poteva far attraccare la barca ad altre sponde o rimanere al largo, lontano dalla rive e dalla gente, oppure cercare il luogo deserto per riposare un po’ insieme con gli apostoli, ma i suoi occhi vedono, il suo cuore si commuove, la sua bocca riprende a parlare, a consolare, ad annunciare il Regno di Dio.
Poveri apostoli che  “non avevano neanche il tempo di mangiare”!
In molte parti del mondo, e  anche in qualche nostra parrocchia, ci sono così tanti bisogni da soddisfare che forse qualche sacerdote, insieme con i laici impegnati nella pastorale parrocchiale, saltano anche il pasto o tralasciano il riposo per il servizio.
Sappiamo che realmente il “gregge”, attaccato dai lupi, facilmente perde la strada, ma conosciamo anche la passione che Gesù ha per le sue pecorelle, tanto da non trascurare nessuna. Probabilmente per qualcuno è un problema sentirsi “pecora”, ma se il pastore è Gesù vale la pena di lasciarsi trovare e mettere al sicuro nell’ovile.
Forse oggi ho scoperto la mia vocazione: essere  pecora così potrò fare mio il salmo 22:
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia. Mi guida per il giusto cammino…

Signore, i tuoi apostoli, di ritorno dalla missione, hanno molto da raccontarti mentre io resto ferma alle mie poche devozioni, e se mi rivolgo a Te è solo per lamentarmi, magari degli altri. Perdonami. Confrontandomi con la Tua Parola ho visto il mio peccato: quello di credere  che  qualcun altro debba andare a portare la buona notizia della Tua risurrezione, mentre so bene che deve essere l’impegno di ogni cristiano e quindi anche il mio. Ti prego per coloro che hai chiamato a continuare l’opera da Te iniziata: sostienili con la potenza del Tuo Santo Spirito e conferma il loro servizio con segni, miracoli e prodigi. Amen

CB 19.07.09  MTM