“Voi, chi dite che io sia?”. Se vi sentite in cammino, sulla strada della fede, allora questa domanda dovete avere il coraggio di porvela, ogni volta che iniziate a fare qualcosa. Ai “professionisti del sacro” preti e laici impegnati in testa, la più grossa disgrazia che può succedere è quella di costruirsi un universo tutto incentrato su Cristo: parlare di Lui, celebrare Lui, ascoltare Lui. Senza che Lui ci sia. Già, è un’esperienza terribile ma reale, abituarci a compiere le cose di Cristo perdendo di vista l’essenziale, il nucleo. E’ come se Gesù mi dicesse: “Lo so che studi di me, mi preghi, ti organizzi perché altri mi possano conoscere, d’accordo, fai bene. Ma ora restiamo a parlare cuore a cuore, nel vero, nel profondo”. Questa frase, rivolta a ciascuno, senza preamboli, come una staffilata, deve ancora echeggiare e scuotere, far vacillare le nostre più o meno grandi sicurezze. Amici che vi impegnate nella Pastorale, con i giovani, gli ammalati, catechisti, cantori, voi che passate il tempo libero a servire i poveri: chi ve lo fa fare? Gratificazione? O perché ci siete “tagliati”? No. Scusate la durezza ma occorre andare alla radice: per Cristo.

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