C’è grande meraviglia attorno a Gesù per la guarigione di un giovane posseduto da uno spirito immondo. Una euforia che rischia però di distorcere l’immagine del Messia. Per questo Gesù chiama i discepoli attorno a sé e, per la seconda volta, preannuncia la sua morte. “Mettetevi bene in mente…”, dice loro Gesù cercando di forzare la loro durezza nel comprenderlo. Anche noi spesso siamo distanti, appunto come i discepoli, dai pensieri di Gesù; è una distanza fatta di autosufficienza, di tradizioni ben radicate, di convinzioni incrollabili. E accade anche a noi: “essi non comprendevano”. Non è questione ovviamente di non comprendere le parole. Il problema è che non comprendiamo la sostanza stessa della missione di Gesù, il suo Vangelo: ossia che la salvezza viene dalla sua morte per la redenzione di tutti. Ma come si può accettare un Messia sconfitto? È scandalo per i giudei e follia per i pagani. Eppure è dalla croce che nasce la salvezza. I discepoli sono anche rattristati per non aver compreso. Quel che conta, tuttavia, non sono i nostri stati d’animo o i nostri sbalzi psicologici, bensì la vicinanza al cuore e al pensiero di Gesù.