13 SETTEMBRE 2009
XXIV DOMENICA DEL T. O.

Dal libro del profeta Isaia  50,5-9a
Dal salmo 114
Dalla lettera di San Giacomo  2,14-18
Dal vangelo secondo Marco  8,27-35

Oggi, nei brani della Parola proposti dalla liturgia, campeggia il «Se». E’ un’espressione piccola che esprime il contrario di ogni certezza e di ogni presunzione. Essa è alla base sia dell’esempio riportato da S. Giacomo nella sua lettera (A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere?) che alla fine della lunga chiacchierata di Gesù con i suoi (“Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me….»”).
Tutti abbiamo bisogno di esempi e di spiegazioni per acquisire conoscenza, ma, allo stesso tempo, amiamo essere lasciati liberi di decidere. Al giorno d’oggi, invece, da più parti, si levano  voci di sedicenti pensatori ed esperti che “sanno”, che risolvono ogni problema, che indicano soluzioni, non senza interessi personali, anzi spesso tirano l’acqua solo al proprio mulino. Invece come sono liberanti i «Se» dei brani di questa domenica! Ci permettono di pensare, di riflettere e soprattutto di scegliere, ma, allo stesso tempo, ci imbarazzano perché  spingono a verificare i nostri vissuti.
La lettera di Giacomo è  sconvolgente e non consente vie di fuga; il cap. 2 inizia con una dichiarazione di fondo: “Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali”. Già, a che serve questo tipo di fede se ricalca i comportamenti poco caritatevoli e rispettosi della dignità del fratello? Come si fa con i bambini a scuola, l’apostolo porta esempi non lontani dalla nostra esperienza quotidiana: «Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve?».
Questa domanda deve rintronare dentro di noi, perché troppe voci licenziano il problema dei poveri e dei bisognosi con soluzioni di comodo che in realtà non risolvono nulla.
Chiediamoci: a che serve, nelle nostre sempre più frequenti e ricche feste “cristiane”, mangiare antipasti, primi, secondi di carni e di pesci, formaggi, dolci mentre altre persone muoiono di fame?
A che serve la nostra eleganza da migliaia di euro se sappiamo che ci sono persone infreddolite che non hanno di che coprirsi, forse fuori dalle porte delle nostre casa?
A che serve sentirsi arrivati perché abbiamo il conto in banca con molti zeri sapendo che ci sono persone che non posseggono neanche lo zero del niente? Non è che vogliamo fustigarci, però la Parola ci interpella e noi dobbiamo lasciarci interpellare, anche quando le domande sono… scomode.
Anche Gesù pone domande: “Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?»”.
Ha percorso molta strada insieme con discepoli e hanno parlato lungamente tra  loro. Coglie l’occasione  per fare una specie di sondaggio tra i suoi non tanto per conoscere il gradimento della sua opera, quanto piuttosto per sapere se la folla ha capito qualcosa della sua missione, visto il contenuto della  sua predicazione.
“…essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti»”. Definizioni non precise, simili a quelle che si sentono anche oggi persino da persone che,  pur dicendosi cristiani, non conoscono Gesù.
La gente è libera di dire quello che vuole, ma al Maestro preme sapere cosa pensano di lui i suoi amici più intimi: “Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo»”.
Terribile domanda che ci trova impreparati un po’ per la nostra ignoranza un po’ per le nostre inibizioni in quanto non ci sentiamo a nostro agio con il Signore probabilmente perchè non abbiamo con lui una relazione profonda, né fatto una profonda esperienza del suo amore. Non siamo ancora capaci di fare nostre le parole del salmo 114: “Amo il Signore, perché ascolta il grido della mia preghiera. Verso di me ha teso l’orecchio nel giorno in cui lo invocavo”.
Gesù è riconosciuto da Pietro come il Cristo perciò sente di poter rivelare la sua missione e il suo sacrificio, anzi decide che è tempo di fare,  a coloro che lo seguono, una proposta alta: “Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà»”.

Signore Gesù oggi la Parola mi fa conoscere la tua proposta a seguirti. Sono quel qualcuno che vuol venire dietro a Te con tutta  la mia croce di errori, di incertezze, di ripensamenti, di fragilità. Questo è il  bagaglio, anzi la zavorra che mi frena, ma voglio venire lo stesso dietro a Te per non perdere una sola parola, un solo sguardo, un solo passo. Voglio mettere i miei piedi sulle tue orme perché sei solo Tu la mia salvezza. Amen.

CB 13.09.09 MTM