08 NOVEMBRE 2009
XXXII DOMENICA DEL T.O. (ANNO B)

Dal 1Re 17,10-16
Dal Salmo 145
Dalla lettera agli Ebrei 9,24-28
Dal Vangelo secondo Marco 12,38-44

Siamo in una sala del cortile interno del tempio, dove anche le donne possono entrare: è il luogo dove tutti passano per fare la loro offerta. Contenitori a forma di grandi imbuti accolgono i denari che ogni osservante versa. E’ un vero tesoro, una grande ricchezza che si è creata con il dono di tutti per i diversi bisogni del tempio.
Il brano del Vangelo di oggi ci racconta che Gesù “seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete”. Ci sono 13 contenitori per raccogliere le diverse offerte mentre un addetto quantifica ad alta voce la donazione. Gesù osserva, prende tempo, scruta i volti: è la sua caratteristica, il suo stile, legge nel cuore delle persone. Ha appena finito un insegnamento nel quale ha sottolineato con forza il rischio che si corre quando la presunzione prende il sopravvento, anche in ambito spirituale.
Ha parlato della superbia degli Scribi stigmatizzandone i comportamenti. Tra i loro compiti, infatti, c’era anche  la cura delle proprietà delle vedove che socialmente  avevano perso ogni diritto: spesso capitava che  proprio loro ne divoravano il poco che possedevano. Pretendevano omaggi e primi posti, ostentavano la medesima presunzione anche nella preghiera, fatta più o meno lungamente, solo per farsi vedere.
Questo tipo di comportamenti sono riprovevoli, ma non lontani da noi. Se andiamo ad esaminarci ritroviamo che molti degli atteggiamenti e delle azioni degli scribi li viviamo anche oggi. Apparire invece che essere è il dictat che impera.
Gesù è seduto e guarda coloro che gettano le offerte nel tesoro del tempio: “Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo”.  Gli spiccioli della vedova fanno un suono meschino tanto che nessuno sottolinea la sua elargizione come si fa invece allorquando è un ricco a far tintinnare la sua copiosa offerta. Eppure questa silenziosa e povera offerta viene “vista” da Gesù tanto che Egli, parlando con i discepoli ne sottolinea con forza non solo il gesto quanto il cuore generoso che si cela dietro al gesto: “Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Non si può che rimanere in silenzio davanti a tanta generosità e fiducia. Questa vedova sa che ciò che viene dato con il cuore sarà come un lievito che moltiplicherà il bene.
E’ una sapienza che sa di antico, la stessa della vedova di Sarepta di cui si parla nel brano tratto dal primo Libro dei Re. Era una delle tante povere vedove di Israele ed aveva un figlio. Ormai era allo stremo e stava per morire di stenti, insieme al suo bambino. Ha deciso di preparare una focaccia per sé e per il figlio con l’ultimo pugno di farina e le poche gocce di olio rimaste ed è uscita a raccogliere un po’ di legna per cuocerla, prima di lasciarsi morire di inedia.
Sulla porta della città incontra il profeta Elia che le chiede dell’acqua: “Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane».  Quella rispose: «… non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo».
E’ la tragica e amara verità: andrà volentieri a prendere dell’acqua ma quanto al resto… “Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per  tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà… Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia”.

Signore Gesù ti prego di non sederti a guardare la nostra poca generosità. Siamo diventati egoisti, abbiamo chiuso il cuore alla fiducia in Te affidando il nostro benessere e il nostro futuro al solo possesso delle cose. Non conosciamo più la bellezza della gratuità e dell’abbandono, non sappiamo più vedere l’azione di Dio nelle nostre vite. Perdonaci. Le due vedove senza nome risplendono come fari nella notte delle nostre meschine ed egoistiche esigenze. Esse sono quei poveri “beati “ di cui Tu  parli continuamente. Noi abbiamo preferito la beatitudine effimera dell’avere piuttosto che la gioia dell’essere come Tu ci vuoi. Purifica il nostro cuore, le nostre azioni, la nostra preghiera; donaci un cuore aperto e disponibile, capace di amare. Amen.

CB 08.11.09 MTM