14 febbraio 2010
VI DOMENICA DEL T.O. (ANNO C)

Dal libro del profeta Geremia 17,5-8
Dal Salmo 1
Dalla 1^ lettera di S. Paolo ai Corinti 15,12.16-20
Dal Vangelo di Luca 6,17.20-26

La liturgia della Parola di questa domenica è un inno alla beatitudine dei credenti, di coloro cioè che mettono il Signore al centro della propria vita: benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia (Gr 17,7); beato l’uomo che nella legge del Signore trova la sua gioia (Sl 1,2); beati quelli che credono nella resurrezione dei morti; beati tutti quelli che sono discepoli del Signore, qualunque sia la loro condizione di vita.
Le parole di Gesù sono rivolte ad un preciso gruppo di persone: “In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli”. Prima di prenderli aveva  fatto un lungo discernimento rimettendo tutto nelle mani di Dio e al mattino aveva fatto la sua scelta chiamando, tra i suoi numerosi discepoli, dodici uomini.
Hanno nomi e relazioni tra loro, hanno impegni e problemi da risolvere, hanno famiglie sulle spalle, non sono ricchi e faticano molto per il lavoro, ma sono stati conquistati dalle parole di questo maestro che percorre le strade della Galilea. Sono: “Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore” (Lc .6,14-16).
Essi lo seguono da un po’ di tempo ed ogni occasione è buona per ricevere un insegnamento. Riconoscono che ciò che dice spesso provoca disagio nei “benpensanti”, se non scandalo, ma loro hanno intravisto l’annuncio di novità che porta e non perdono una sola parola. Ora, scesi dalla montagna, sono in un luogo pianeggiante e come sempre c’è “gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne. Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: “Beati voi…”  perché hanno scoperto dove risiede la gioia: non nelle presuntuose intelligenze, ma nella povertà dello spirito che scopre nelle cose semplici la grandezza del Creatore; non nelle stomachevoli sazietà di cibi elaborati, ma nell’appagamento della fame di amore che è in ogni cuore; non nella sfrenata e insulsa allegria, ma nelle lacrime di sincero pentimento.
«Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo». Questo fa la differenza: patire tutto a “causa del Figlio dell’uomo”. Il discorso che ascoltano in quel luogo pianeggiante ed assolato, sembra, in effetti, senza senso e rimane incomprensibile alla maggior parte delle persone, ma gli occhi, come le parole, di Gesù sono rivolti ai “suoi”, a coloro cioè che hanno accolto la sua chiamata e non hanno paura di operare scelte coraggiose perché hanno riposto tutta la loro fiducia nel Signore.
Visto che non siamo “apostoli” il discorso della “pianura” non ci riguarda: questa sembrerebbe una buona giustificazione per molti, ma non è così: ogni parola di Gesù, ogni gesto, ogni esempio è per tutti e per ciascuno. Siamo stati battezzati, cioè innestati su un albero fecondo, noi che eravamo sterili, e siamo chiamati a portare frutti, “ora”. Questa è la parola che ritma il discorso di Gesù: “ora”, non domani, quando magari spero cha sarò cresciuto al punto da avere chissà quale chiarezza; “ora” devo fare la scelta fondamentale, “ora” sono chiamato ad avere fiducia nel Signore, “ora” affido la mia vita totalmente a Lui, “ora” devo credere nella resurrezione cosi come scrive s. Paolo: “Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti”.

Signore Gesù, Il mondo oggi  parla di altro, mascherando le esigenze fondamentali dell’uomo con sottoprodotti di felicità. Spesso anche  noi ci lasciamo coinvolgere rischiando di riporre la nostra fiducia in cose effimere. Perdonaci. Sul tuo esempio ci rendiamo conto che abbiamo bisogno di molte notti da passare in preghiera per acquisire la capacità di discernere il bene e la forza per aderirvi. Ora desideriamo che i tuoi occhi si alzino verso di noi in un colloquio intimo e personale, da maestro a discepolo: Signore insegnaci a gustare la bellezza delle beatitudini, a desiderare la gioia che viene dal sapersi amati da Dio Padre, la felicità di risorgere con Te. Amen.

14.02.2010 MTM