10 Ottobre 2010

XXVIII domenica del T.O. (ANNO C)

Dal 2° libro dei Re 5,14-17

Dal Salmo 97

Dalla 2^ lettera di S. Paolo a Timoteo 2,8-13

Dal Vangelo secondo Luca 17,11-19

La prima lettura, tratta dal secondo libro dei Re, e il brano del vangelo di Luca parlano di persone che vengono guarite dalla lebbra. Terribile malattia che solo a nominarla fa venire i brividi, soprattutto per le conseguenze che aveva sulla vita dei poveracci che ne venivano contaminati: dovevano abbandonare il villaggio, i familiari, gli amici e andare a vivere fuori dalle mura, separati e reietti per il resto della loro vita. Diventava un problema persino procurarsi il cibo perché la paura del contagio teneva lontano tutti. Niente relazioni, nessun affetto, nessuna speranza di guarigione. Senza colpa alcuna, si veniva condannati ad un isolamento fisico e spirituale che terminava solo con la morte.

Bisognerebbe leggere per intero il breve capitolo cinque del 2° libro dei Re per comprendere come Naamàm, che “era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato” sia arrivato dal profeta Eliseo al quale Dio aveva concesso la capacità di guarire dalla lebbra. Naamàn era malato e una delle serve della moglie, proveniente da Israele, aveva suggerito alla padrona di mandare il marito da lui per chiedergli di essere liberato dalla lebbra.

Il re di Naamàn gli consegnò una lettera di presentazione per il re d’Israele, ma questi interpretò il gesto come una provocazione. Saputo il fatto Eliseo disse: “Quell’uomo venga da me e saprà che c’è un profeta in Israele” e una volta giunto, ordinò al malato di immergersi sette volte nel fiume Giordano.

A Naamàn il gesto sembrò troppo semplice: nessuna cerimonia sfarzosa, nessun rito più o meno esoterico, nessun sacrificio cruento, perciò si indignò e, andando via, disse: “Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”.

Naamàn voleva una cerimonia sfarzosa, gesti eclatanti perché credeva più all’esteriorità che alla potenza di Dio, forse un po’ come noi quando ci rechiamo nei santuari per chiedere qualche grazia e giudichiamo le liturgie più o meno accattivanti. I servi, però, lo convincono a immergersi nel Giordano “e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato”.

Allora Naamàn tornò da Eliseo per lasciargli una ricompensa, avendo fatto esperienza che veramente nella terra di Israele c’era Dio. Naturalmente il profeta sottolinea la gratuità della guarigione e non accetta.

Allora Naamàn chiese il permesso di portar via della terra per fare, nel suo paese, un altare dove offrire olocausti solo al Signore. La santità di Dio ha impregnato perfino la terra di quel paese e portarne via una certa quantità per Naamàn significa non abbandonare più il Dio di Israele.

In parallelo c’è il racconto dei dieci lebbrosi del vangelo. Gesù continua la sua marcia di avvicinamento a Gerusalemme ed “entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce:«Gesù, maestro, abbi pietà di noi!».

Sono i reietti del villaggio, gli ultimi che pur nel loro isolamento, sanno di Gesù e fanno la più bella delle preghiere: chiamano il Signore “maestro” riconoscendogli il potere che ha. Alzano la voce e in quel grido è riposta tutta la loro speranza di guarigione. Gesù, ricco di pietà e di misericordia, “appena li vide” accorda la grazia e li invia, come vuole la legge, ai sacerdoti per avere la “certificazione” dell’avvenuta guarigione e il permesso di rientrare nel villaggio.

In quel corri corri verso il tempio, uno invece torna indietro, gridando e lodando Dio per la gioia. Arrivato davanti a Gesù si butta per terra e si aggrappa alle sue gambe per ringraziarlo.

Egli non toccava e non era stato toccato da nessuno da moltissimo tempo e stringere i piedi del Maestro è la liberazione. Piange, ride, urla, ringrazia: un’affollarsi di sentimenti nel suo cuore che ormai si era rassegnato al dolore per la sua malattia con l’aggravante di essere un Samaritano, uno straniero…un extra-comunitario.

Gli altri malati, ottenuta la guarigione, si limitano a mettere in pratica i dettami della legge, il Samaritano, che non ha nemmeno un tempio dove recarsi, torna da Gesù, suo tempio, suo salvatore, suo liberatore.

Gesù osservò: «Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio?»; è bene osservare la legge, ma prima c’è il ringraziamento a Dio. I salti, le capriole, le urla, il battere forsennato del cuore del samaritano guarito sono risuonati come un inno di lode e di gloria alla potenza dell’Altissimo. Nell’ esplosione di riconoscenza c’è la sua dichiarazione di fede.

Tutti sono stati guariti, ma lui è stato salvato perché non si è allontanato dalla Sorgente della sua guarigione, anzi si è afferrato ai piedi di Gesù riconoscendolo “Signore”.

Che tristezza scambiare Gesù per un ambulatorio medico: ottenuta la cura, si va via nella speranza di non dovervi più tornare!

Il Samaritano invece si è afferrato al Signore, ha parlato con Lui, ha stretto una relazione di confidenza. Non si sentirà mai più solo, mai più triste perché ha fatto l’incontro che gli ha ridato la vita.

Signore Gesù, anche noi qualche volta, diventiamo “bianchi”, coperti come siamo dalla lebbra del peccato che ci mette fuori dalla comunità, ci fa vivere sentimenti non sinceri, relazioni fittizie con noi stessi, con gli altri e forse anche con te. Ma tu sei sempre pronto a guarirci. Il vangelo di oggi dice “appena li vide”, appena senti il nostro grido di aiuto tu intervieni. Vogliamo imparare a rivolgerci a te con piena fiducia, con la certezza di essere guariti dalle piaghe che portiamo in fondo al cuore: divisioni, invidie, gelosie, giudizi, tristezze, sofferenze, amarezze, perdoni mai dati, egoismi, torti subiti e mai dimenticati. Desideriamo liberarci delle bende che coprono le nostre ferite e imprigionano il nostro cuore e correre verso di te, gettarci ai tuoi piedi e gridare il nostro ringraziamento e la nostra lode. «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Amen.

CB 10.10.2010 MTM