13 Febbraio 2011

VI domenica del T.O. (Anno A)

Dal libro del Siràcide 15,16-21

Dal Salmo 118

Dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi 2,6-10

Dal Vangelo secondo Matteo 5,17-37

Tutto il vangelo della 6^ domenica del tempo ordinario è il manifesto delle scelte radicali, dell’alternativa, del pensare diverso, della non omologazione delle idee e delle azioni.

Gesù fa un lungo elenco di situazioni che viviamo tutti i giorni ponendo un discrimine che può turbarci: stigmatizza comportamenti e modi di pensare che ormai avalliamo come giusti, o quanto meno giustificabili, mentre non lo sono perché toccano l’altro che dovremmo riconoscere come fratello, toccano l’idea stessa di morale portandoci ad un appiattimento delle coscienze che è spaventoso.

Il brano del vangelo di Matteo riporta un lungo e dettagliato insegnamento che Gesù fa ai suoi discepoli, non ad una folla anonima, quindi, ma a coloro con i quali condivide il cibo, l’esperienza, la fatica di una vita spesa per annunciare la buona notizia.

Ai discepoli, a coloro che conoscono la “Legge” come ogni buon israelita, e che la osservano in ogni suo dettame, Gesù parla con estrema chiarezza e rigore rivelando la novità: l’osservanza asettica delle prescrizioni non serve se alla base di ogni gesto non c’è il cuore, l’amore. Gesù cerca persone che vivono la legge “per” e “con” amore.

Coloro che osservano rigidamente le regole, facendo di questa osservanza il loro idolo, stravolgono la bella notizia portata da Gesù: dare pieno compimento alla legge, liberandosi dai lacci di una osservanza sterile, se non presuntuosa, e assumendo comportamenti dettati dall’amore.

Per noi è difficile parlare della “Legge” nel modo in cui la intendevano gli israeliti e comprendere a pieno il discorso di Gesù. Non abbiamo idea di come fosse fondamentale, per loro, attenersi ai precetti. Era una questione di vita o di morte; basta ricordare gli esempi che troviamo nei vangeli: la pecora caduta nel pozzo nel giorno di sabato che rischia di morire perché in questo giorno, dedicato al Signore, è vietato lavorare e la guarigione dell’uomo che porta tanto scompiglio nella sinagoga in quanto operata da Gesù di sabato.

Noi, invece, a stento ricordiamo cosa dicono i comandamenti, quanto poi alla loro messa in pratica siamo capaci di trovare mille giustificazioni per non viverli.

La legge di Dio, i comandamenti non sono alla base della nostra vita forse semplicemente perché Dio non è al centro della nostra esistenza.

La domanda che dobbiamo e vogliamo farci è una: “la nostra esperienza quotidiana è fondata sulla verità annunciata da Gesù Cristo oppure siamo ancora schiavi dei tentennamenti, dei “sì” sussurrati a fior di labbra e poi ritirati, dei “nì” espressi di fronte alle serie assunzioni di responsabilità, dei “no” detti con poca convinzione di fronte a ciò che non è negoziabile, di fronte al peccato?” Le parole di Gesù riportate nel vangelo di oggi sono solo per i discepoli di duemila anni fa oppure sono anche per noi, che ci diciamo cristiani, ma che ancora fatichiamo a scegliere la sequela del Maestro?

Di fronte al contenuto del brano di oggi forse la nostra decisione è più dubbia che mai perché il discorso di Gesù ci sembra troppo esigente. Egli pone dei cardini alla base della vita del discepolo: il non giudicare, il concedere perdono, la rettitudine del cuore e contemporaneamente smantella tutto un bagaglio di gesti che ai nostri occhi ci fanno sentire a posto ma che nascondono semplicemente una religiosità che ha perso ogni dimensione spirituale.

Un esempio tra i tanti può essere l’osservanza del precetto di andare a messa la domenica: molti cristiani ormai lo ritengono un optional e tra noi che ancora ci andiamo spesso si tratta semplicemente di portare il corpo in chiesa, perché talvolta capita che, appena inizia la celebrazione, spegniamo l’auricolare per pensare ai fatti nostri. Inutile cercare i colpevoli di questa e di altre situazioni: con il tempo abbiamo perso di vista ciò che è essenziale e ci siamo riempiti di riti e devozioni dei quali non riusciamo più neppure a decodificarne il significato.

“Ma io vi dico…” Gesù oggi viene a ricordare a tutti noi che non servono a niente queste vuote “abitudini” e riporta al centro della nostra vita la relazione con il fratello, con Dio, con noi stessi. Il fulcro di queste relazioni è l’osservanza della legge messa in pratica con il cuore.

Solo così “non passerà un solo iota o un solo trattino” della legge soprattutto se ci sarà ancora chi la osserverà e la insegnerà, perché sarà considerato grande nel regno dei cieli.

Ecco allora che inizia, magari proprio fuori dalla porta della chiesa, prima dell’ inizio della celebrazione della s. messa, l’esame di coscienza, il confronto tra i nostri atteggiamenti sbagliati, che ormai abbiamo assunto a legge, e il discorso di Gesù: – Ma io vi dico…-.

Signore Gesù oggi siamo a terra perché la tua Parola è venuta a contestarci fin dentro la nostra quotidianità: pensavamo di avere validi argomenti per dare giudizi sul fratello, per aspettare gesti di pace dagli altri senza dover fare noi il primo passo, per concederci la libertà di agire senza rispetto nei confronti delle persone e di Dio. Abbiamo praticato strade in discesa che ci hanno portato verso il peccato, pensando di poter fare a meno dei comandamenti. Nel Siracide sta scritto “Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai”. Abbiamo visto la legge come un’imposizione; non abbiamo capito che essa è la nostra custode. Donaci Signore la capacità di seguirti con fedeltà; vogliamo ascoltare ogni tua parola per lasciarci sconvolgere gli schemi dietro i quali nascondiamo la pigrizia, i giudizi, le indecisioni, i tradimenti, i peccati. Vieni, Signore Gesù ogni volta che vogliamo sostenere puntigliosamente le nostre mancanze di amore, vieni a ricordarci che c’è un altro modo di amare fatto di perdono, di comprensione, di rispetto. Ogni volta che ci sentiamo “a posto” fai riecheggiare nel profondo del nostro cuore: Ma io vi dico! Amen.

CB 13.02.2011 MTM