14 AGOSTO 2011

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)


Dal libro del profeta Isaìa 56,1.6-7.

Dal Salmo 66

Dalla lettera di San Paolo ai Romani 11,13-15.29-32

Dal Vangelo secondo Matteo 15,21-28

Volendo scegliere di meditare un versetto della Parola di Dio della liturgia domenicale si resta spesso come i bambini ai quali viene offerto un vassoio di dolci: quale preferire se tutti sono ugualmente allettanti?

Sui brani di oggi campeggia un termine: “straniero” che ci interpella in maniera pressante. Il profeta Isaia parla di “stranieri che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, per essere suoi servi, … li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera”. Ci riconosciamo in questa descrizione oppure consideriamo stranieri sempre e comunque gli altri? Noi dentro e gli altri fuori; noi con le carte in regola e gli altri … clandestini, noi padroni di tutto e gli altri … E poi perché non anche noi stranieri?

Per assaporare la difficoltà di vivere questa condizione proviamo a vestire i panni del forestiero, di colui che non ha diritti, che non possiede niente e forse le difficoltà ci spingerebbero a cercare con forza qualcosa, Qualcuno che ci doni speranza contro ogni segnale negativo che viene dalla realtà.

Pensiamo alle preghiere che nascono nei cuori delle migliaia di profughi che attraversano mari e terre per raggiungere luoghi nuovi e sconosciuti dove vivere in pace e paragoniamole alle nostre: stentate, aride, incostanti e senza cuore. Spesso corriamo il rischio di sentirci a posto o arrivati e pensiamo di aver diritto ad essere amati da Dio allora dobbiamo ricordare che il suo amore non conosce confini e che le sue preferenze sono per i poveri e i diseredati. Dio si schiera sempre dalla parte degli ultimi e questo ci deve far riflettere.

Anche il vangelo parla di una straniera, una donna Cananea, disperata a causa delle sofferenze della figlia. Ha saputo di Gesù e dei suoi poteri e ora che è lì, nel suo paese, non può fare altro che gridare a squarciagola per implorare aiuto. È disposta a tutto, anche a buttarsi per terra, pur di ottenere un sollievo per la figlia malata. Non si arrende né davanti al silenzio di Gesù, né di fronte alla sua risposta scostante. Neppure la raccomandazione dei discepoli, imbarazzati dalle grida della donna, riescono a convincere Gesù. Loro, in verità, più che aiutarla vogliono solamente togliersela di torno, vogliono “sbrigare la pratica”, levarsi il fastidio, mentre lei si gioca tutto ed è sfinita per le strazianti invocazioni.

È una persona profondamente addolorata quella che urla, si prostra, implora, prega: è disposta a perdere ogni dignità per salvare la figlia. Viene paragonata ai cagnolini? Bene, purché abbiano anch’essi le briciole che cadono dalla tavola!

Forse con l’ultimo filo di voce la Cananea sussurra a Gesù: «Signore, aiutami!» e il grido si fa preghiera, colloquio, attesa fiduciosa, speranza. La donna guarda Gesù da vicino e si lascia guardare dentro da questo Signore che passa per strade nuove e diverse. E’ una straniera senza alcun diritto eppure con la sua pietosa richiesta si mostra per quello che è: una donna di fede al punto che anche Gesù gliela riconosce: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri».

Cosa si nasconde dentro questo racconto per molti versi sconcertante? È come se l’evangelista avesse tolto l’aureola di bontà che siamo soliti mettere sul capo di Gesù e questo ci imbarazza parecchio. Gesù si rivela Maestro ancora una volta!

Questo brano apre orizzonti mai immaginati prima: una persona che reca in se ciò che di più disprezzabile esiste cioè l’essere donna, per di più straniera e con una figlia indemoniata, ha la possibilità di venire ascoltata ed esaudita. I discepoli vogliono farla tacere, Gesù vuole ascoltarla.

Lei che non ha diritti ottiene proprio ciò che desidera. Il Figlio di Davide si è mosso a pietà e ha liberato la figlia dal demonio e lei stessa dalla disperazione! Potenza della preghiera del povero!

Signore, grazie per questo insegnamento. Ti chiediamo perdono perché abbiamo creduto di avere sempre diritto ad ottenere ciò che chiediamo nelle nostre egoistiche preghiere. Oggi la tua Parola ci insegna che ascolti il grido di ogni uomo senza tener conto della nazionalità, della lingua, della razza, della religione. Donaci la capacità di guardare al di là di ogni differenza, di vedere le esigenze degli altri e di impegnarci affinché siano soddisfatte non per toglierci di torno i problemi, ma per andare incontro all’uomo senza alcun pregiudizio. Facci scoprire la preghiera che è negli altri e donaci la forza di condividerla e sostenerla. Amen.

CB 14.08.2011 MTM