25 MARZO 2012

V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO B)

Dal libro del profeta Geremìa 31,31-34
Dal Salmo 50

Dalla lettera agli Ebrei 5,7-9
Dal Vangelo secondo Giovanni 12, 20-33

Come leggere la domanda che alcuni Greci fanno a Filippo il diacono, sempre pronto e disponibile ad accogliere tutti? Se Gesù fosse stato una grande star, Filippo ed Andrea sarebbero stati le guardie del corpo, pronte a evitare ogni contatto con i fans, ma la domanda viene posta in tutt’altro clima e con finalità ben diverse. Nasconde un desiderio di conoscenza sincero, rivela l’ansia di ricerca che hanno nel cuore; fa intravedere come la fama di Gesù abbia valicato i confini.

È una delle richieste più belle riportate nei vangeli: non cercano il guaritore, né sono curiosi di assistere a miracoli o ad esorcismi. Il loro -Vogliamo vedere Gesù – rispecchia il desiderio di ogni credente, e anche il nostro, di ampliare la conoscenza mettendo in gioco tutti i sensi.

Essendo stati educati a “dover” credere per fede, in qualche modo siamo stati abituati anche a non fare domande ma la richiesta dei Greci è naturale; “vedere Gesù” significa volgere gli occhi verso di lui per lasciarsi guardare, aprire le orecchie alla sua parola per riempirsi di verità, avvicinarsi per farsi toccare il cuore.

La domanda viene accolta da Filippo che la passa ad Andrea poi, insieme, vanno da Gesù: magnifica sottolineatura da parte dell’evangelista Giovanni. Filippo non pensa di dover gestire da solo le situazioni; egli sa che bisogna essere prudenti e che ogni cosa va sottoposta al discernimento del fratello, della comunità. Questo senso della condivisione dice a tutti noi quale e quanto rispetto, stima e spirito fraterno animassero i discepoli.

Gesù coglie l’occasione per fare una catechesi ricchissima di contenuti. Probabilmente in questo brano sono riuniti insieme più interventi del Signore dato che ogni versetto è così profondo che meriterebbe un commento a sé.

“In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. L’annuncio di morte e di risurrezione, del mistero che redime, dell’evento che sconvolgerà il mondo non poteva essere spiegato in maniera più bella e soprattutto più semplice. La fecondità, la forza di cose nuove, la prospettiva di bene che è racchiusa nel piccolo seme di frumento comunica a tutti noi, anche a chi si considera meno di niente, che dentro ciascuno c’è una potenzialità inimmaginabile.

Tutti siamo chicchi, anche il neonato che ancora viene allattato, il vecchio decrepito bisognoso di tante cure, il disabile, il padre di famiglia, le mamme, i giovani che affollano le aule delle università o le discoteche, le persone che stanno nelle carceri e quelli che vengono traghettati sugli inaffidabili barconi nel Mediterraneo …

Tutti siamo chicchi, speranze di frutto, ma Gesù dice che il seme “deve cadere” in terra e “deve consumersi” per nutrire la nuova pianta: due premesse non negoziabili, che non prevedono sconti. Come il “cadere in terra” è necessario per il seme perché da solo non potrebbe germogliare così lo per noi: significa sapersi immergere nelle storie degli uomini e delle donne che ci sono accanto, nelle realtà di coloro con i quali condividiamo la terra.

Cadere nel terreno è dare la propria disponibilità ad essere trasformati da stagioni che non comandiamo, da servizi che non scegliamo. Solo così si può comprendere il “morire” e il “produrre molto frutto”

Difatti il seme, pur essendo l’attore principale, non comanda, piuttosto si affida alle mani del seminatore, alle zolle del campo, al succedersi delle stagioni. Al tempo opportuno gli occhi di tutti saranno puntati sul terreno seminato per ammirare la bellezza del frutto della semina: per ogni chicco una spiga e per ogni spiga decine di nuovi chicchi. Il piccolo seme disponibile e fecondo ha portato a compimento la sua opera!

Gesù quindi confida ai suoi: «Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!».

Momento terribile e profondo: ha la possibilità di chiedere al Padre di essere salvato dal calvario di sofferenze che si sta preparando, ma poi ribadisce, prima di tutto a se stesso e poi a tutti no, il suo progetto e la sua decisione: “proprio per questo sono giunto a quest’ora!».

Signore Gesù, quando siamo assaliti dalle difficoltà, quando siamo turbati e la scure della sfiducia si abbatte sul nostro domani, quando le delusioni attanagliano il cuore e la disperazione ci costringe a non avere più speranze ricordaci che anche tu hai vissuto sofferenze e dolori. Infatti “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” . L’unione con il Padre e l’amore per l’umanità ti hanno fatto accettare, Signore, di compiere il sacrificio supremo con il dono della tua vita. Ti sei fatto chicco fecondo, ti sei lasciato mettere nel sepolcro, hai portato un frutto eterno per tutti. Per noi, per ogni uomo ferito dal peccato, hai vinto la morte e ora sei il Vivente che siede alla destra del Padre. Grazie, Signore Gesù, a Te la lode e la gloria nei secoli eterni. Amen.

CB 25.03.2012 MTM