Affinché la vite porti frutto occorre potarla: il tralcio, accorciato nel punto giusto, concentra tutte le sue energie nel futuro grappolo d’uva. Ma il tralcio non capisce cosa sta succedendo, mentre la lama lo taglia, facendolo soffrire. La vita ci pota in abbondanza: delusioni, fatiche, malattie, periodi “giù”; è piuttosto inevitabile e lo sappiamo anche se ci ribelliamo, ci intristiamo, fuggiamo il dolore e la correzione. L’uomo non accetta la fatica e il fallimento inevitabili nel nostro essere finiti, limitati, segno questo della sua dignità, della sua natura immortale che lo spinge ad andare oltre. Come viviamo le potature della vita? Il Signore ci invita a viverle nel positivo, come occasione, come possibilità. Certo, lo scrivo e ne sono perplesso: quanto amor proprio devo mettere da parte, quanta pazienza esercitare, quanto equilibrio mettere in atto per non scoraggiarmi e deprimermi, per non offendermi e prendermela con Dio! Eppure, è un tragitto obbligato: l’accettazione serena (mai rassegnata!) delle contraddizioni della vita concentra la linfa vitale della mia vita in luoghi e situazioni inattesi e con risultati – credetemi – davvero sorprendenti.

25358.html