25 DICEMBRE 2012

NATALE DEL SIGNORE

MESSA DEL GIORNO

Dal libro del profeta Isaìa 52,7-10

Dal salmo 97

Dalla lettera agli Ebrei 1,1-6
Dal Vangelo secondo Giovanni 1,1-18

Le descrizioni di un portatore di buone notizie possono essere diverse, ma il profeta Isaia resta colpito dai piedi: comincia dalla base la bellezza del messaggero di pace essendo i piedi liberi da ogni valutazione di simpatia. In seguito un forte vociare, occhi che scrutano l’orizzonte e canti di gioia dipingono la magnifica scena che narra l’ansia dell’attesa e il soddisfacimento di ciò che si aspetta: viene naturale prorompere insieme “in canti di gioia perché il Signore ha consolato il suo popolo”!

Chiediamoci se sono tali anche i canti nelle liturgie assembleari del Natale. In molte celebrazioni si curano i cori, ma dov’è l’attesa dei cuori, dov’è lo stupore, dov’è l’accoglienza del dono atteso?

Ho spesso immaginato la culla di Betlemme come una grande Bibbia, che accoglie il Bambino Gesù come le braccia di madre, aperta sulla pagina del Vangelo di S. Giovanni che ci ricorda “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.

La Parola diventa Carne e la carne si fa voce in Gesù: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” e noi ci ostiniamo a non ascoltare.

II papa, nell’omelia della messa della notte celebrata in S. Pietro, ha sottolineato che non c’è spazio per Dio in mezzo agli uomini ed è purtroppo vero: infatti Il Dio che immaginiamo è spesso ingombrante, severo e soprattutto lontano e perciò rifuggiamo dall’incontrarlo, ma un bambino, un neonato, povero e bisognoso, non dovrebbe almeno strapparci un sorriso, suscitare un sentimento di accoglienza? Invece niente. Catturano la nostra attenzione i lustrini, le leccornie, le offerte speciali, le novità gastronomiche, i pacchetti-vacanza, mentre le nuove povertà gridano il loro disagio.

A conclusione del brano del vangelo di oggi, san Giovanni sottolinea: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

Ecco la missione di Gesù: parlarci del Padre, farci assaporare la tenerezza della paternità di Dio dopo la solitudine del peccato, farci scoprire che Dio non ha mai cessato di cercarci nonostante le nostre fughe, farci assaporare la dolcezza della sua misericordia infinita.

I l prologo di s. Giovanni, una delle pagine evangeliche più belle e profonde, è specchio delle nostre contraddizioni: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”. Non è stato e non lo è ancora quando nessuna voce si leva a favore di tanti bambini sfruttati in vario modo nelle nostre strade, di ragazzine vendute come schiave per finire, di notte, sui marciapiedi delle nostre città, di giovani presi a lavorare sottopagati, di badanti tenute a servizio con orari impossibili e paghe irrisorie.

Il Bambino Gesù non è stato accolto dagli uomini già prima ancora che nascesse: Maria e Giuseppe si sono dovuti arrangiare in una abitazione di fortuna ed “arrangiarsi” non è proprio un verbo adatto a Colui che doveva nascere il quale “ era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste”.

Rifulge oggi ancora di più l’accoglienza fatta da Maria e da Giuseppe, dai pastori e dai magi: persone diverse per estrazione e cultura, simboli di tutta l’umanità.

“A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. Ecco la speranza, che si fa certezza: coloro che accolgono si trasformano, diventando “altro”: non più orfani, ma figli, non più soli bensì appartenenti alla grande famiglia di Dio.

L’accoglienza dunque non è fruttuosa solo per chi la riceve, ma e soprattutto per chi la pratica. Questo è il cambiamento, la svolta da fare per vivere bene questa nascita, per diventare portatori credibili del lieto annuncio: aprire il cuore per far spazio a Dio e ai fratelli.

O Gesù Bambino che tendi le mani dalle mille mangiatoie che ti hanno accolto in questa notte santa, donaci la capacità di un’accoglienza nuova, che abbia il sapore della gratuità, della disponibilità, della libertà da ogni pregiudizio. Vogliamo, sull’esempio di Maria e di Giuseppe, accoglierti mettendo a tua disposizione ciò che siamo. Amen.

CB 25.12.2012 MTM