29 MARZO 2009
V DOMENICA DI QUARESIMA

Dal libro del profeta Geremia 31,31-34
Dal salmo 50
Dalla lettera agli Ebrei 5,7-9
Dal Vangelo secondo Giovanni 12,20-33

Gesù e i suoi discepoli sono a Gerusalemme per celebrare la festa in ricordo della liberazione dalla schiavitù e del passaggio delle acque del Mar Rosso del popolo ebreo. La città è piena di gente di diversa provenienza: “Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: «Signore, vogliamo vedere Gesù»”.
Questo desiderio è simile a quello di migliaia di uomini e donne di ogni tempo e latitudine ed è anche il nostro. Cosa contraddistingue la ricerca di quelle persone dalla nostra? I Greci erano stranieri in Israele eppure avevano sentito parlare di Gesù e avevano capito che bisognava incontrarlo. Non si accontentavano dei racconti più o meno precisi degli altri, loro volevano “vedere Gesù”, fissare i loro occhi nei suoi, toccarlo, ascoltarlo. Avevano camminato a lungo, ma ora c’è l’occasione di realizzare il loro desiderio più profondo: vedere Gesù.
“Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù”. Questo versetto possiamo leggerlo in due modi: o pensare che per “vedere Gesù” c’è bisogno di fare anticamera come per ogni personaggio famoso che si rispetti, oppure, per vederlo, bisogna farselo indicare  dalle persone che hanno già una profonda relazione con Lui. Filippo e Andrea erano con Gesù da tre anni e avevano condiviso con Lui ogni momento: avevano mangiato, camminato, riposato insieme all’ombra degli alberi, avevano attraversato in barca il lago, spesso in burrasca, avevano assistito alle diverse liberazioni dai demoni, alle guarigioni, alle resurrezioni. Ma quello che li distingueva dal resto della gente che  seguiva Gesù era l’ascolto continuo della Sua Parola, dei suoi insegnamenti. Spesso Gesù  aveva persino chiamato  in disparte questo piccolo gruppo di discepoli per parlare loro in maniera più diretta e personale. Loro sì, potevano affermare con san Giovanni: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita , poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza”.
A questi discepoli si rivolgono i forestieri  per poter soddisfare il loro desiderio.   Oggi, vedendo tanti stranieri intorno a noi, mi pongo una domanda: «Se qualcuno mi chiedesse di fargli vedere Gesù, nel senso di rendere visibile la mia fede nel Signore vivente, cosa farei? Ho qualcosa da mostrare, qualche esperienza da condividere, qualche testimonianza da offrire oppure resto totalmente ammutolita di fronte ad una simile richiesta? Andrea e Filippo conoscevano Gesù come persona, maestro, amico, ma io, noi cristiani di oggi, che relazione abbiamo con il Signore?
L’intermediazione di Andrea e di Filippo consente ai Greci di “vedere”, di diventare vicini, da lontani che erano, e a Gesù di dare delle anticipazioni circa l’evento che sta per realizzarsi con l’affermazione di una verità tanto semplice quanto sconvolgente: «…In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto…». Mai esempio è stato più calzante per la gente di quel tempo dedita prevalentemente ai lavori dei campi o alla pastorizia o alla pesca.
Oggi forse siamo più “ignoranti” riguardo ai ritmi della natura e alle coltivazioni agricole, ma l’esempio fatto dal Signore non possiamo non capirlo: la macerazione richiesta al chicco è necessaria per poter avere molto frutto. Se vogliamo sopravvivere alla fame dobbiamo sotterrare i semi e aspettare il miracolo dei campi che a primavera si riempiono di nuove spighe e se vogliamo sopravvivere al peccato dobbiamo accettare che il Seme venga messo nella buia terra per poter consentire a noi di germogliare a nuova vita.
Gesù parla di se stesso, con il cuore gonfio di una cosciente sofferenza: «Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Continua fino all’ultimo a rimanere fedele al suo compito e lo ribadisce con forza: per questo è venuto, per  dare gloria e onore al Padre. E’ venuto per ristabilire il patto di alleanza tra Dio e gli uomini: «Ecco verranno giorni … nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. Non come l’alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, una alleanza che essi hanno violato… Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele … Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo… Tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato».

Signore Gesù grazie per la tua fedeltà e per la tua obbedienza. A causa dei nostri peccati  noi non siamo né fedeli né tanto meno obbedienti,ma fidiamo sulla tua parola: “quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. Sei la nostra speranza; se non prendi Tu l’iniziativa rischiamo di rimanere aridi e soli. Abbiamo bisogno di Te, di ogni Tua Parola. Desideriamo che Tu imprima nel nostro cuore la tua legge così che ad ogni battito riaffermiamo che vogliamo amare Te, Signore, nostro liberatore, nostra vita, nostra  salvezza, insieme con il Padre e con lo Spirito Santo. Amen


29.03.09 MTM