05 LUGLIO 2009
XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Dal libro del profeta Ezechiele 2,2-5
Dal salmo 122
Dalla 2^ lettera di s. Paolo ai Corinti 12,7-10
Dal vangelo secondo Marco 6,1-6

“… mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava” Il profeta Ezechiele riceve in questo modo la chiamata da parte di Dio il quale lo invia ai figli di Israele per ammonirli, visto “che si sono rivoltati contro di me”. Riceve anche un avvertimento: «Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito… Ascoltino o non ascoltino sapranno almeno che un profeta è in mezzo a loro». Una bella differenza di comportamento: Ezechiele, alla voce di Dio, ascolta in piedi, mentre il popolo è diventato sordo ad ogni tipo di richiamo, anche a quello di un inviato da Dio!
E’ il rischio di ogni profeta quello di non essere accolto, riconosciuto, ascoltato ed è quello che è capitato anche a Gesù, quando si è recato a Nazaret, la città nella quale era cresciuto.
“Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? …E questi prodigi compiuti dalle sue mani?”
Stupore e domande leciti davanti agli insegnamenti sapienti fatti da Gesù nella sinagoga dove non si erano mai udite parole così consolanti e profonde che toccavano il cuore così come lo sono gli interrogativi per le guarigioni operate con la sola imposizione delle Sue mani. Non altrettanto legittimi sono le domande che si limitano a collocare Gesù nella ristretta cerchia delle relazioni parentali:- Ma non è il carpentiere, figlio di Maria, parente di Giacomo di Joses, di Giuda e di Simone?- Molti si saranno chiesto:«Ma sì certo, chi si crede di essere? E’ cresciuto qui, conosciamo bene la famiglia, non ha mai manifestato niente per trent’anni ed ora parla così sapientemente?».
Ecco il rischio, il pericolo: invece di ascoltare il messaggio, l’annuncio di novità che Gesù porta, si perde tempo a porsi domande riguardanti l’aspetto terreno di Colui che annuncia del Regno di Dio. Forse è anche il nostro atteggiamento nei confronti di Gesù quando ci perdiamo dietro a pratiche devozionistiche senza deciderci ad accogliere la Sua Parola come fonte di vita, di salvezza.
E’ necessario e urgente operare un cambiamento dentro di noi; basta speculazioni più o meno valide, domande oziose, ricerca esasperata di fenomeni, ma accoglienza di Gesù, Figlio di Dio, morto e risorto, vivente in mezzo a noi. Lui è venuto a portarci la buona notizia: Dio ci ama. L’ansia e il desiderio di essere amati che abitano nel cuore di ogni persona trovano appagamento solo in Dio e Gesù è venuto ad annunciare questo amore e a dare segni concreti con le guarigioni e i miracoli. Se il “carpentiere” si fosse limitato ai segni forse sarebbe stato osannato nel suo paese, ma Egli chiede di non guardare solo in orizzontale ma anche in verticale, di alzare gli occhi verso Qualcuno come dice il salmo 122: ” A te alzo i miei occhi, a te che siedi nei cieli.”
Sorgono alcuni interrogativi :«Saremmo stati capaci, più degli abitanti di Nazaret, di riconoscere in Gesù la sapienza di Dio? Siamo in grado di vedere negli avvenimenti del quotidiano la presenza di Dio? Ascoltando un’omelia o una catechesi, che ci commuovono fin nel profondo, sentiamo che sono i mezzi scelti da Dio per parlarci ? Riusciamo a vedere l’opera dello Spirito Santo in noi? E negli altri?
Molti anni fa, in piena estate, nello stadio di Bari, un catino immenso pieno fino all’inverosimile di persone di ogni età e di diversa provenienza, partecipai ad un incontro con Madre Teresa di Calcutta. Dalle ore 15 fino all’imbrunire pregammo e cantammo grazie anche all‘animazione di un nutrito coro e di un frate instancabile. Era una vera festa ed eravamo felici di essere là. Verso le ore 21 entrò nello stadio un jeep: sopra c’era Madre Teresa così piccola che quasi non si vedeva, se non fosse stato per il suo sari bianco e blu che spiccava tra il marrone dei sai dei frati che le erano vicini. La macchina fece il giro del campo raggiungendo il centro del campo.
Madre Teresa salì sul palco, mentre il buio cominciava a scendere.
Si fece un silenzio totale e in questo silenzio risuonò la sua voce dolce e possente allo stesso tempo:« My Lord, my sweet Lord!» . “Mio Signore, mio dolce Signore” . Poche parole, una preghiera così semplice e accorata, struggente e tenera allo stesso tempo, mi hanno fatto sentire, in quella caldissima notte d’estate, che un profeta, una persona che parlava a nome di Dio, era in mezzo a noi.
Non era importante il luogo, la folla, i canti, né l’insopportabile calura, ma ciò che risuonò dentro di me: il desiderio di essere intimi con Dio al punto di parlarGli tanto semplicemente da sembrare bambini, così come mi apparve la preghiera di Madre Teresa.

Signore, non ti meravigliare della nostra incredulità perché siamo come i figli di Israele
”testardi e dal cuore indurito”. Abbiamo abbassato lo sguardo solo sulle cose della terra
credendo di arricchirci e invece ci siamo impoveriti. Abbiamo smarrito la capacità di
sentire il profumo di Dio, di fare silenzio per udirne la voce oltre il frastuono del quotidiano,
di metterci in ascolto per coglierne, la presenza. Abbiamo perso lo stupore di scoprirti nelle persone che incontriamo, nelle esperienze che viviamo. Purifica i nostri sensi, intenerisci i
nostri cuori, facci sentire l’urgenza della conversione. Ti chiediamo, Signore, di dare a coloro
che Tu hai chiamato ad essere profeti, annunciatori del Tuo Regno, predicatori, catechisti,
una grazia straordinaria di evangelizzazione affinché continuino a parlare di Te con forza, passione e costanza nonostante la nostra “testardaggine”. Amen

CB 05.07.2009 MTM