26 LUGLIO 2009
XVII DOMENICA  del Tempo Ordinario

Dal 2° libro dei Re 4,42-44
Dal Salmo 144
Dalla lettera di S. Paolo agli Efesini 4,1-6
Dal Vangelo secondo Giovanni 6,1-15

Forse era un giorno caldo come questo quando Gesù “andò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi”  oppure no, visto che “era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei” che si celebrava in primavera.
Alcuni elementi però sono chiari: “c’era molta erba in quel luogo… ed erano circa cinquemila uomini”;  intere famiglie seguono Gesù ovunque, affascinate come sono da tutto ciò che dice e fa. Non avvertono alcun altra necessità, niente soste all’autogrill, niente rinfrescate.
Un unico desiderio: ascoltare il Maestro perché quest’uomo, questa sorpresa di Dio, parla ai cuori, colpisce nell’anima, provoca cambiamenti radicali, converte e soprattutto  guarisce ogni sorta di infermità. Non si può fare a meno di cercarlo, di seguirlo, di vederlo, di toccarlo.
Anche Gesù non può fare a meno di cercare tra la folla, di scrutare ogni volto, di stabilire una relazione fatta di sguardi eloquenti: “Allora Gesù, alzati  gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui …” . Ha dato tanto, per tutto il giorno ma rimane aperto ed accogliente per ogni necessità dell’uomo. Chiede a Filippo:«Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
La domanda che Gesù rivolge a Filippo è la stessa che rivolge a noi: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Chi sono i “costoro” di oggi? Sono la grande folla di persone che sbarca sulle coste siciliane, sono i giovani che valicano i confini abbracciati ai semiassi dei tir e le ragazze che vediamo buttate sulle strade delle grandi città a prostituirsi, sono le famiglie monoreddito a rischio di cassa integrazione e gli anziani con pensione minima, sono le migliaia di bambini che sopravvivono negli orfanotrofi e quelli che abitano le fogne di alcune note capitali dell’Est.
Probabilmente avremmo risposto come Filippo rivelando tutta la nostra meschina logica di conta-soldi: Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Già che si può  fare? La  generosità di una sola persona non è certo sufficiente a risolvere i problemi del mondo; tanto vale guardare da un’altra parte! Gesù invece sceglie di guardare, di vedere i bisogni delle persone, di entrare in relazione con tutti.
“Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?”
Sì, certo, a cosa può servire la colazione di un ragazzo? E’ poco più di un bambino, possiede qualcosa ed è disposto a donarla e forse è proprio la sua giovane età che gli permette di fare un gesto di grande generosità; non ha ancora imparato a calcolare e lasciarsi avvilire dalla inadeguatezza dei mezzi come spesso facciamo noi quando ci lasciamo sgomentare dalle richieste di aiuto di ogni genere. Certamente, rispetto alle necessità della folla, l’offerta del ragazzo è niente, ma Gesù si serve dal nostro niente per fare grandi cose.
E inizia la grande lezione del Signore sul servizio, anticipo di ciò che farà nell’ultima cena:
•    «Fateli sedere».  C’era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini”.
Il primo gesto di accoglienza è far mettere comodo l’altro, permettergli di non rimanere in piedi in attesa della nostra “elemosina”.
•    “Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero”.
Non mi stupisce tanto il fatto che Gesù pregò quanto piuttosto che distribuì personalmente il cibo. Questa immagine del Signore che si china a dare da mangiare ad una folla di persone mi interroga: pur essendo stanco ed affamato come tutti sceglie di servire. Immagino Gesù che, passando tra quelle persone, lascia una carezza, un sorriso, uno sguardo che contiene tutto l’amore di cui l’uomo ha bisogno. Non è un efficiente distributore di pasti da fast food, egli, il Signore del cielo e della terra,  si prende cura dei suoi.
•    E quando furono saziati, disse ai discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto».
Che differenza tra i nostri cassonetti dell’immondizia spesso pieni di avanzi buttati e l’attenzione di Gesù per il cibo rimasto. Ha dato l’esempio, ha fatto vedere come si fa ed ora possono entrare in scena i discepoli non senza aver prima ricevuto ancora un insegnamento: niente deve essere perduto, anche le briciole servono.
Dopo aver visto questo segno la gente cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!». Facile discernimento dopo essere stati testimoni di questi miracoli!.
La gente è pronta a nominarlo re, ma Gesù va via da solo su per la montagna.

Don Tonino Bello era solito dire che Dio,  onnipotente ed onnisciente, ha evidenti difficoltà con la matematica perché quando divide, come ha fatto con i pani e i pesci, in realtà moltiplica cosicché il cibo non  manca  né al ragazzo l’ha donato né alle migliaia di persone che seguono Gesù.
Nel corso dei secoli  vi sono molti episodi che riguardano l’ evento straordinario della moltiplicazione del cibo. Verso la fine della seconda guerra mondiale Madre Speranza (nata a in Spagna il 30.09.1893 e morta in Italia, a Collevalenza l’8.02.1983) lavorava in un quartiere povero di Roma, il Casilino. Lì le suore stavano per aiutare, confortare, curare e dar da mangiare ai poveri e alle vittime che andavano a rifugiarsi nel vecchio cimitero dove si trovava la loro casa. La Madre organizzava la mensa per sfamare più gente possibile; si era però in un periodo di estrema povertà ma lei, sicura in Dio, non si tirava mai indietro. Spesso avvenivano  miracoli: il cibo si moltiplicava e le pentole erano sempre piene… A testimonianza di questo vi erano tutti i suoi collaboratori e i commensali. Questi fatti avvenivano sia a Roma che nel santuario di Collevalenza dove attualmente riposa il corpo della Madre.

Signore Gesù, perdona il nostro egoismo che ci impedisce di vedere le necessità dell’altro. Purifica il nostro sguardo, addolcisci i nostri cuori affinché possiamo sentire una profonda compassione verso coloro che soffrono, senza alcuna distinzione. Vogliamo imparare da te che sei il modello di ogni servizio. Amen.

CB 26.07.09 MTM