20 SETTEMBRE 2009
XXV DOMENICA DEL T. O. (ANNO B)

Dal libro della Sapienza 2,12.17-20
Dal Salmo 53
Dalla lettera di S. Giacomo 3,16-4, 3
Dal Vangelo secondo Marco 9,30-37

L’ascolto della Parola dell’odierna liturgia pone interrogativi imbarazzanti che possono condurre o ad una seria e profonda riflessione oppure sfociare in una caterva di  luoghi comuni.
Siamo ancora lungo le strade della Galilea e Gesù è costantemente seguito dai suoi discepoli ai quali tenta di comunicare la verità della sua missione: “Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà“.  Essi non capiscono queste parole; per loro è un discorso inaccettabile, mi chiedere spiegazioni perché è già la seconda volta che Gesù parla di questi fatti.
Lungo il cammino parlano tra di loro in maniera concitata al punto che, una volta arrivati a Cafarnao, nella casa dove sono alloggiati, Gesù chiede conto delle loro discussioni. Immagino che i discepoli, non potendo comprendere la profondità di ciò che aveva detto Gesù a proposito della sua morte, si siano in qualche modo messi a fantasticare su una specie di graduatoria riguardante la posizione di merito di ognuno di loro. Ma Egli conosce la fragilità dei suoi amici fin nel profondo e sa bene il contenuto dei loro vivaci colloqui lungo la via cosicché decide che, nonostante la fatica di quel giorno, deve ancora parlare con essi: “Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo…» .
Senza dubbio il Signore è stanco per il cammino fatto, ma forse lo è di più per i discorsi insulsi dei suoi discepoli e perciò si siede, “si abbassa”, si mette al loro livello. Chiama a sé i dodici, cioè coloro che “devono” sapere e comprendere  il suo insegnamento “Se uno vuole essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». …” In realtà tutti volevano essere primi, ambivano a sedere alla destra di questo futuro re, volevano fare carriera, emanciparsi. Che batosta hanno ricevuto quando Gesù capovolge la graduatoria: il primo sia all’ultimo posto, il servo di tutti!
Avevano evitato per due volte il difficile argomento della futura morte e della resurrezione, ma questo non possono far finta di non sentire:li riguarda in prima persona, anzi ci riguarda tutti.
Quando agli apostoli non piaceva qualche insegnamento dicevano che il discorso “troppo duro”, questo però è veramente insopportabile; è come dire ad un miliardario di considerarsi alla stregua dell’operaio clandestino ed extra-comunitario che cura le  piante del suo giardino e di cui ignora perfino il nome!
In realtà Gesù non stila una graduatoria dei lavori più importanti; Egli si riferisce a quello spirito di servizio che deve caratterizzare ogni gesto, ogni azione del cristiano. Non siamo chiamati a fustigarci, a mortificarci o peggio a rimanere immobili bensì a muoverci a favore dell’altro in ogni ambito: lavorativo, familiare,  sociale, ecclesiale.
Chi accoglie uno solo di questi….”  Siamo chiamati ad essere accoglienti, cioè aperti a tutti, cominciando da ci sta a fianco in famiglia, sul posto di lavoro, nella comunità cristiana, nel tempo libero…
Questo “spirito di servizio “è l’esatto contrario dello spirito di contesa di cui parla S. Giacomo nella sua lettera “…dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni…. Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra!”.
La lettera dipinge l’animo e l’agire umano in maniera chiara e senza sconti; cause e conseguenze si stagliano nitidamente e non abbiamo scusanti. Nello stesso tempo il brano l’apostolo mette in evidenza una “sapienza che viene dall’alto” con caratteristiche uniche: essa è pura, pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera.
Ecco, dunque, dove attingere a piene mani, dove trovare ciò d cui abbiamo bisogno per essere accoglienti, dove cercare lo spirito di servizio. La sapienza che viene dall’alto ci fa vedere le situazioni nella loro giusta luce, ci rende capaci di essere nella pace anche tra i problemi, ci fa essere in grado di perdonare, ci fa vivere con sincerità e mitezza le relazioni.
Questa sapienza aprirà il nostro cuore a Dio e alla preghiera  così come dice il salmo: “Ecco, Dio è il mio aiuto, il Signore sostiene la mia vita”.
In Maria abbiamo il modello perfetto: la Vergine è colei che è piena della sapienza che viene dall’alto che la fa essere pura, pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di ogni altro dono. E’ con questa sapienza che Lei è diventata “serva della Parola di Dio Padre” all’annuncio dell’angelo, “serva del Figlio” dall’annunciazione alla morte di Gesù, “serva dello Spirito Santo dalla Pentecoste in poi”. La tre volte serva, l’ultima ha così conquistato il primo posto ed è stata assunta in cielo quale Regina degli Angeli e dei Santi!
Ecco: quando i discorsi di Gesù si fanno difficili da comprendere poniamo il nostro sguardo su Maria, impariamo da Lei a dire i nostri piccoli «» quotidiani.

Vergine Santa che hai detto  “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” insegnaci ad essere disponibili all’azione dello Spirito Santo in noi. Apri i nostri cuori a quella sapienza che ci permette di leggere negli avvenimenti quotidiani l’opera di Dio, che ci aiuta a guardare oltre le apparenze, che ci rende capaci di vedere il bene negli altri, che ci fa misericordiosi, pacifici, servi di tutti. Amen.

CB 20.09.09 MTM