Ogni anno ci sorprendiamo che alla dolcezza del giorno di Natale segua il colore rosso sangue del primo Martire, Stefano, accostando così la primizia della nuova nascita con la primizia del martirio. La liturgia della Chiesa è realista e dà spazio a tutte le umane espressioni, senza lasciarci indulgere a forme di sentimentalismo. La vicenda di gioia e di dolore espressa nella vita di Gesù continua nella storia della Chiesa e dei suoi testimoni; dopo averla letta nel Vangelo, la vediamo riflessa nei suoi discepoli e seguaci. Santo Stefano è il primo notevole rappresentante di un cristianesimo vissuto. Primizia del fuoco della Pentecoste, egli rappresenta la novità del cristianesimo che si propone in un ambiente. “Pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo”. Possiamo ben pensare all’azione di carità, della quale gli apostoli avevano incaricato i sette diaconi, e all’energia e chiarezza della parola. I suoi oppositori ‘non riuscivano a resistere alla sua sapienza ispirata’; la sua parola, che annuncia un fatto presente, non può essere sconfessata; quindi non resta che abolirla. In che modo? I suoi oppositori evitano di ascoltarla turandosi le orecchie. E subito la eliminano con la violenza. Nel martirio, Stefano è ancora immagine di Gesù: si affida a Lui come Gesù si consegna al Padre, e perdona i suoi uccisori.

11815.html