20 Dicembre .2009
IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)

Dal libro del profeta Michea 5,1-4a
Dal Salmo 79
Dalla lettera agli Ebrei 10,5-10
Dal Vangelo secondo Luca 1,39-45

La liturgia in questo mese di dicembre offre più volte alla nostra meditazione il brano tratto del primo capitolo del vangelo di Luca. E’ il racconto di fatti straordinari avvenuti nell’ordinarietà dei quotidiano: ad una ragazza, Maria, viene chiesto di diventare la Madre del Salvatore e lei accetta dopo aver posto domande e chiesto chiarimenti.
L’eccomi dell’obbedienza viene pronunciato con coraggio, poi è silenzio; le luci di questa scena paradisiaca, ricordo dei colloqui tra Dio e l’uomo nell’Eden, si spostano altrove.
“In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda” . (la località è stata tradizionalmente identificata con Ain-Karim, a 6 Km a ovest di Gerusalemme e distante circa 150 chilometri da Nàzaret).
Maria ha ricevuto l’annuncio della maternità  e la notizia che sua cugina, sterile, è incinta, perciò sente che non può rimanere là, in attesa. Vuole andare da Elisabetta. Parte veloce come una freccia scoccata dall’arco, quasi vola, mentre nella mente si affollano tanti pensieri e nel cuore si agitano palpiti di una gioia incontenibile che pure devono rimanere nascosti perché preziosi.
Ha deciso di parlarne con l’anziana cugina Elisabetta, perché a lei, che è sterile, il Signore ha fatto dono di una maternità insperata. “Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta”. La famiglia è al completo, ma lei si rivolge esclusivamente ad Elisabetta: uno sguardo e tutto si chiarisce. “Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo”. Al suono della voce della “piena di grazia” anche Elisabetta viene colmata di Spirito Santo. Un’ effusione forte, coinvolgente che la riempie di tutti i doni: acquista sapienza e intelletto, consiglio e fortezza, scienza, pietà e timor di Dio, capacità di profetare, di lodare e di cantare le meraviglie del Signore.
Elisabetta “… esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!” Le sue prime parole sono di benedizione e non potevano essere altrimenti perché è  l’abbondanza dello Spirito in lei che benedice.
Se esaminiamo i linguaggi odierni ci accorgiamo che le parole di benedizione sono molto rare, quasi del tutto scomparse, mentre le volgarità, se non le maledizioni, hanno preso molto spazio.
“A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Elisabetta, piena di sapienza, riconosce in Maria la madre del Signore, beata per aver creduto. Il saluto stesso è comunicazione al punto che perfino il bimbo nel suo grembo sussulta.
Questo è ciò che opera lo Spirito Santo quando si effonde: dà la capacità di discernere, di capire, di profetare, di riconoscere l’opera di Dio in stessi e negli altri, di benedire a voce alta, di pregare, di gioire. Le esclamazioni di Elisabetta sono lo specchio della Pentecoste e dei suoi frutti: le parole che escono dalle sue labbra sanno di eternità e vengono ripetute continuamente, da allora in poi, in ogni  angolo della terra.
Maria comprende che Dio è veramente all’opera e a sua volta non può trattenersi dall’ elevare il suo canto di lode e di ringraziamento; come un fiume in piena, dal suo intimo, sgorgano parole di una bellezza senza fine, il suo vangelo, la sua preghiera, il suo “magnificat”
Danzano e ridono le due donne, l’una sterile e l’altra vergine; esse vedono l’opera di Dio ed esultano in canti di gioia e di allegrezza. Dio ha superato ogni aspettativa e sta creando cose nuove, mai viste prima!
L’umanità continua il suo cammino, ma queste due donne hanno aperto un varco: da  Elisabetta nasce Giovanni il battezzatore, da Maria nasce Gesù il salvatore.
Con la venuta di Gesù la santità di Dio torna a prendere stabile dimora tra gli uomini: “ …e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo ai suoi…” «E tu, Betlemme di Efrata, così piccola …».
Bellissima la profezia di Michea sul luogo dove nascerà Gesù: Betlemme è così piccola che non ha nemmeno diritto ad essere annoverata tra i villaggi di Giuda, angusto sarà il ricovero dove troverà riparo la sacra famiglia e nel quale nascerà il Re dell’universo; come piccola, appena una ragazza, è anche Maria. Se da una parte mi viene da pensare che il Signore, in qualche modo, non ha preso bene le misure dall’altra so che niente può contenere il Signore dei Signori. Sappiamo però, con certezza, che Egli ha scelto il cuore degli uomini, ha scelto il cuore di ognuno di noi, per abitarvi.

Signore Gesù anche il nostro cuore è “così piccolo” eppure tu vuoi venire a prendervi dimora stabilmente. Ci vergogniamo perché c’è tanto disordine al punto da sembrare una stalla, ma sappiamo che Tu non ti lasci fermare dalle nostre resistenze e vieni. Vieni, Bambino Santo, nel buio delle nostre solitudini, nella piccolezza dei nostri cuori, nella chiusura dei nostri egoismi, nella tristezza dei nostri peccati e mostraci il Tuo amore. Vogliamo gustare la gioia di Elisabetta, di Maria e quella di tutti coloro che fanno esperienza del tuo amore. Donaci la pienezza del Tuo Spirito che ci farà capaci di lodati e ringraziarti da ora e per sempre. Amen.

CB 20.12.09 MTM