03.01.2010
II DOMENICA DOPO NATALE

Dal libro del Siracide 24,1-4.12-16
Dal Salmo 147
Dalla lettera di S. Paolo agli Efesini 1,3-6.15-18
Dl Vangelo secondo Giovanni 1,1-18

Dovrebbe venire Natale tutti i giorni per avere l’occasione di ascoltare e riascoltare, nella liturgia, il brano tratto dall’inizio del vangelo di Giovanni, chiamato prologo. E’ di una bellezza struggente; è, in qualche modo, tutta la Bibbia, è la rivelazione dell’intero piano di Dio.
Tornare alle origini e scoprire che prima di ogni cosa c’era il Verbo, la Parola, e che questo Verbo era ed è creativo e che “tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” vuol dire trovare la giusta collocazione a tutti i perché esistenziali che agitano i nostri pensieri e mettere ogni evento al suo posto.
La Parola diventa carne e si chiama Gesù. Solo Lui conosce il Padre e solo Lui può parlarci dell’amore con il quale siamo amati ed è ciò che ogni persona desidera talmente che talvolta ci si accontenta di surrogati che portano amarezza e delusione.
“…eppure il mondo non lo ha riconosciuto”. Sembra quasi normale che il mondo non riconosca Gesù perché ha altro da fare, ma San Giovanni così continua: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”.  Ed è qui che inizia lo spartiacque della libertà: non solamente il mondo non ha accolto Gesù, ma nemmeno i suoi.
Partono immediatamente una serie di interrogativi: ho riconosciuto Gesù? Ho accolto Gesù? Ho cercato Gesù? Ho ascoltato Gesù? O sono tra coloro che non lo hanno accolto perché non lo hanno riconosciuto?
Eppure Dio nel suo progetto di avvicinamento a noi ha usato la strategia dei piccoli passi manifestandosi in un Bambino avvolto in poveri panni, adagiato in una mangiatoia. Come si fa a non intenerirsi davanti ad un neonato? Come è possibile rimanere insensibili davanti alla capanna di Betlemme? Forse se Dio si fosse manifestato con tuoni, lampi e fulmini ci saremmo spaventati e saremmo corsi a nasconderci in qualche riparo, ma davanti al Bambino Gesù siamo totalmente disarmati. Tuttavia dobbiamo confessare che l’accoglienza da parte degli uomini non c’è stata, né allora né oggi.
A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.” Davanti a questi versetti si può rimanere solo in silenzio perché abbattono ogni recriminazione ed ogni scusa; la linea di demarcazione è tracciata: accogliere o non accogliere Gesù. Cosa significa: accogliere Gesù nella propria vita?
Significa trovare certezze che nessun altro può dare, placare ogni affanno, approdare in un porto sicuro dove le tempeste non ci sovrastano; vuol dire trovare la verità: Dio ci ama, nonostante le nostre fragilità, Egli vuole il nostro bene e la nostra felicità; significa entrare gratuitamente nella salvezza.
Il prologo così continua: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”. Ecco svelato il mistero: Gesù è venuto a parlarci del Padre, perché lo conosce da sempre. Solo Lui può “raccontarci” di quale amore siamo amati; la sua vita, la sua morte e la sua resurrezione sono la testimonianza di questo amore del Padre. “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; Questo versetto, che viene ripetuto ogni giorno nella preghiera dell’Angelus, ci dà la misura di questo amore: la Perfezione diventa fragilità, la Grandezza diventa precarietà, l’Infinito accetta i limiti della carne, il Creatore diventa Creatura.
Colui che abita i cieli accetta di stare in una stalla e lo fa solo per amore. Ed è in questa stalla  che “… noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità”.
Questi due termini grazia e verità sono già presenti nell’Antico Testamento ed esprimono l’atteggiamento di Dio verso il mondo e l’uomo: amore gratuito (grazia) e fedeltà incrollabile (verità) (come è riportato nella nota della nuova versione della Bibbia della Cei).

Signore Gesù, troppe volte ci siamo lasciati abbagliare da luci che al Tuo confronto impallidiscono; abbiamo preferito fioche luminosità allo splendore della Luce che Tu sei e siamo rimasti nelle tenebre della tristezza e del peccato. Perdonaci. Donaci una sapienza nuova che ci permetta di riconoscere i segni dell’amore di Dio Padre, che ci faccia gustare la Parola , che ci dia la capacità  di commuoverci quando sentiamo scendere su di noi la benedizione che s. Paolo scrive nella lettera agli Efesini:  “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo…”. Signore Gesù ti lodiamo, ti benediciamo e ti ringraziamo perché sei venuto a piantare la tua tenda nel nostro accampamento per essere vicino a noi, compagno di viaggio. La tua Parola sia lampada sul nostro cammino, oggi e sempre. Amen.

CB 03.01.2010 MTM