10 Gennaio 2010
Salvati con un’acqua che rinnova nello Spirito Santo

Dal libro del profeta Isaia 40,1-3,9-11
Dal Salmo 103
Dalla lettera di S. Paolo a Tito 2,11-14;3,4-7
Dal Vangelo secondo Luca 3,15-16.21-22

Con la liturgia di questa domenica si conclude il tempo del Natale: Gesù ci è stato annunciato, è venuto nel mondo, è stata festeggiata la famiglia nella quale è nato, ha ricevuto l’adorazione dei sapienti provenienti da terre lontane, è stato circonciso ed ora lo ritroviamo lungo le rive del Giordano, in mezzo ai peccatori, dove si è recato per immergersi nelle acque del fiume e ricevere un battesimo di purificazione.
C’è una folla eterogenea lungo il fiume che possiamo immaginare esteticamente povera e cenciosa, ma che mostra, oltre all’evidente desiderio di essere purificati, due atteggiamenti fondamentali: “era in attesa” e “si domandava”.
Non una folla amorfa, dunque, che corre dietro ogni vento di dottrina o ad ogni fenomeno più o meno misterioso, come purtroppo molta gente oggi fa, quanto piuttosto persone che, avendo ascoltato e accolto l’invito di Giovanni, attendono qualcosa, meglio Qualcuno, e che comunque si interrogano.
Forse può essere considerata questa una delle carenze maggiori dei nostri giorni: il non cercare e il non domandarsi; ogni cosa è come già vista o in qualche modo si può vedere, tutti sanno o presumono di sapere. Siamo a posto o meglio si “sentiamo” a posto, forse anche noi cristiani, cosicché rischiamo di relegare la nostra vita di fede in un piccolo e remoto scomparto del nostro cervello come una faccenda da tralasciare perché a smuoverla possiamo correre il rischio di scoprire che non è fondata su solide basi quali l’ascolto della Parola, la meditazione, la preghiera e una costante e coerente vita sacramentale, che la nostra fede, cioè, si regge più sulle abitudini, anche buone, che su una continua e seria ricerca.
Agli interrogativi della folla, Giovanni dà risposte, annunzia e catechizza: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». L’annunzio e la catechesi diventano profezia ieri come oggi, ma per riceverli bisogna riguadagnare un sincero desiderio di ricerca di Dio che significa semplicemente  rispondere alla chiamata di un Padre che ci ama.
Lungo le rive del fiume tutto il popolo veniva battezzato; anche Gesù, confuso volutamente tra la folla, si immerge e compie il rito. In quella mescolanza di corpi qual è la differenza? “Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera”.
Emerge potente lo specifico di questo giovane tra la folla: egli prega, mentre l’acqua gli scorre addosso inutilmente non avendo nulla da purificare nel più Puro tra i puri. Questa sua preghiera, fatta in mezzo ai peccatori, ai poveri, al popolo diviene la preghiera di tutti.
E il cielo non resta sordo alla voce di Gesù infatti “…il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba…”
Le porte del cielo, chiuse con il peccato originale, si riaprono e una colomba discende quasi come quella che recò ai sopravvissuti dell’Arca la notizia della fine del diluvio.
“… e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Dio Padre, sentendo la preghiera di Gesù, non resiste; è incontenibile il desiderio di dichiarare al Figlio il suo amore.
Questa esplosione d’amore squarcia i cieli e un nuovo canale di comunicazione viene aperto: Padre e Figlio sono in comunione perfetta nello Spirito Santo.
Il popolo, che era lungo le rive del Giordano, è testimone e, allo stesso tempo, fruitore, come lo siamo noi, di questa verità. Lo Spirito e la Parola operano efficacemente e come dopo il diluvio la vita torna sulle terre sommerse dalle acque così una nuova vita torna sull’umanità sommersa dal dolore e dal peccato. Sulla riva del Giordano la Trinità Santissima si è manifestata per dare il segno dell’inizio di un tempo nuovo nel quale entrare.
Ora possiamo comprendere l’invito di Isaia nella prima lettura: “Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: Ecco il vostro Dio! Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”.
Questa immagine del pastore che pascola, porta e conduce dolcemente ogni elemento del gregge è rassicurante: il Signore si prende cura di ognuno di noi in modo diverso e personale.
Come è scritto nella lettera a Tito “È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo”.
“Siamo stati salvati per la sua misericordia con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza” .

Signore Gesù, siamo sorpresi dalla decisione di iniziare la tua missione mescolandoti ai poveri lungo il fiume. La tua scelta partita dalla mangiatoia Betlemme ti ha portato a diventare pastore di noi pecore disperse, ferite, zoppicanti. Abbiamo bisogno di essere lavati e rigenerati nello Spirito Santo. Non sappiamo cosa comporta questo lavacro, ma siamo pecore e ti vogliamo seguire. Lungi i sentieri percorsi senza la tua guida ci siamo macchiati di peccato, ma ora che hai fatto riaprire i cieli vogliamo camminare sulle tue orme, ascoltare la tua Parola, accogliere il tuo amore. Prega per noi il Padre così come pregasti sulle rive del Giordano e il Padre ripeterà ad ognuno: “Tu sei figlio mio ed io ti amo”. Amen.

CB 10.01.10 MTM