24 GENNAIO 2010

III DOMENICA DEL T. O. (ANNO C)

Dal libro di Neemia 8,2-4.5-6.8-10
Dal Salmo 18

Dalla 1^ lettera di S. Paolo ai Corinti 12,12-30
Dal Vangelo secondo Luca 1,1-4; 4,14-21

I brani delle liturgia di oggi sembrano articoli scritti da tre cronisti, desiderosi ognuno di raccontare con chiarezza come si sono svolti i fatti.

Il primo brano, tratto dal libro di Neemìa, fa la cronaca di una giornata memorabile per il popolo ebreo tornato dall’esilio. Al centro c’è il libro della Legge che viene riaperto in una pubblica assemblea. Ci sono tutti e si inizia ben presto, all’alba: Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge”.

Tutti sono attenti: da quel libro dipende la loro vita. La folla ascolta in piedi, ma quando lo scriba Esdra fa la preghiera di benedizione tutto il popolo acclama con l’Amen e si prostra con la faccia per terra davanti al Signore. E’ un popolo provato dalla sofferenza ed ora che può di nuovo attingere la forza alla fonte, cioè alla Legge, ringrazia Dio.

Dopo l’esilio la comunità si sta riorganizzando, si riprendono le antiche tradizioni: ogni cosa sarà fatta come comanda la Legge. E’ il segno della riconquistata libertà.

La lunga proclamazione ha uno stile preciso e una finalità chiara: la comprensione, da parte di tutti, di ciò che sta facendo: Essi leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura”.

In fondo anche oggi, nella liturgia, le Sacre Scritture vengono lette a brani distinti e c’è qualcuno che ne spiega il senso per far intendere il contenuto, ma quanta differenza!

Là il popolo sapeva che la sua sopravvivenza era legata all’osservanza della Legge, sapeva cioè di essere totalmente dipendente da Dio, mentre oggi la nostra presenza nelle assemblee liturgiche non sempre è il segno di una partecipazione altrettanto sentita: forse tendiamo poco l’orecchio, forse la proclamazione talvolta è poco chiara, forse non sempre c’è l’impegno necessario a farne comprendere bene il contenuto. Queste carenze sono gravi perché significa che non abbiamo ancora capito che la nostra vita, come quella del popolo, dipende dal Signore e dalla Sua Parola.

Il secondo brano somiglia ad un manuale di anatomia… spirituale. E’ chiaro e dettagliato proprio perché san Paolo si serve di un’immagine di facile decodificazione: il corpo.

Siamo nella comunità di Corinto e ci sono problemi circa i livelli di “importanza” dei diversi carismi e dei relativi servizi che ne conseguono. Con pazienza spiega il mistero del Corpo Mistico come a dei bambini chiamandoli però fratelli. Si impegna a fondo, usa esempi semplici per permettere a tutti di capire! E’ il segno della paternità spirituale che lo spinge a spianare i problemi con delicatezza e partecipazione. “Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito”.

Questo è. Non c’è nulla da ribadire. La Comunità di Corinto era relativamente nuova, proveniente da un mondo pagano ed idolatro, e, facilmente, cadeva vittima di dubbi ed errori, talvolta veramente gravi. Era nata grazie alla predicazione di Paolo il quale, avendo saputo delle discordie che erano sorte, scrive questa magnifica lettera che è un pilastro di riferimento per comprendere l’opera dello Spirito Santo nella Chiesa.

Tutti siamo battezzati in Gesù, tutti riceviamo doni, tutti siamo chiamati a servire, in modi differenti, perchè tutti siamo pienamente appartenenti al Corpo di Cristo. Gli esempi usati da Paolo rivelano il suo profondo desiderio di far abbracciare questa realtà: ormai le differenze di casta sono state abolite e non ci sono più Giudei o Greci, schiavi o liberi.

Potremmo continuare noi l’elenco: poveri o ricchi, giovani o vecchi, colti e ignoranti, sani e malati… Infatti “… molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; oppure la testa ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza”. Che stridore rispetto alla mentalità corrente che privilegia coloro che sanno sopraffare mentre non dà spazio a chi è debole.

Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui”.

Ecco l’immagine della comunità che Dio Padre ha previsto per noi e che siamo chiamati a realizzare.

Il terzo brano, tratto dal vangelo di Luca, ha una ampia premessa che chiarisce subito l’intento dell’evangelista: “…ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto”.

Torna prepotente il desiderio di fare chiarezza, di spiegare, per permettere a tutti i “Teofili” cioè agli amici di Dio, a noi, di capire.

Dove ci troviamo? Stiamo seguendo il Signore che ha iniziato la sua missione e secondo la cronaca di Luca Gesù: Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere”.

Splendida immagine questa di Gesù che, “secondo il suo solito”, va nel tempio per insegnare. La gente faceva la ressa per sentirlo; nessuno li obbligava, ma volevano sentirlo perché ciò che diceva colpiva i cuori.

Quel sabato “Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”.

Certamente se non siamo tristi e poveri, prigionieri e ciechi, oppressi e discriminati questo annuncio non ci riguarda, ma se ci sentiamo, pur a diversi livelli, prigionieri di idee che non ci appartengono, vittime di soprusi, pieni di dubbi, di incertezze, se ci sembra che la nostra vita si stia trascinando, accettiamo questa proclamazione di grazia da parte di Gesù.

Se abbiamo ascoltato, se abbiamo teso l’orecchio, se ci siamo commossi fino alle lacrime così come fece il popolo nel brano di Neemìa, oggi facciamo come quelli che erano quel giorno nella sinagoga: “gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: -Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.

Signore Gesù voglio fissare i miei occhi su di Te. Sono stanca di immagini false e di parole vuote. Voglio tendere l’orecchio per sentire il lieto annuncio che Tu porti e realizzi. Ne ho bisogno perché gli avvenimenti di questi giorni mi interpellano in maniera forte: sono chiamata a credere e a sperare davanti alla sofferenza di molti. Ti prego affinché scopriamo che se un membro soffre, soffre tutto il corpo. Non permettere che al dolore di quel popolo, aggiungiamo il peccato della nostra disattenzione. Amen.

CB 24.01.10 MTM