20 giugno 2010

XII domenica del tempo ordinario (anno c)

Dal libro del profeta Zaccarìa 12,10-11;13,1

Dal Salmo 62

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati 3,26-29

Dal Vangelo secondo Luca 9,18-24

 

Campeggiano in questa liturgia della Parola un paio di interrogativi, posti da Gesù ai suoi, che esigono risposte chiare: «Le folle, chi dicono che io sia?», «Ma voi, chi dite che io sia?». Non sono domande da indagine Istat, né da ricerca di mercato, né tanto meno sono un modo per sapere il gradimento dell’offerta. Gesù le pone al termine di una notte passata a pregare, a meditare, forse a interrogarsi. Egli verifica continuamente se stesso e, nella solitudine, si domanda se riesce sempre a manifestare, nei gesti e nella predicazione, la sua missione.

“Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare” . I tempi per la preghiera e per la riflessione sono preziosi per Gesù. Non dà niente per scontato: egli fa continuamente riferimento al Padre per ogni azione, ogni gesto. Nelle sue lunghe ore di meditazione sorgono anche in lui grandi domande a conferma che gli interrogativi più seri non nascono nel chiasso, ma nella solitudine e nella preghiera. Queste che pone ai discepoli non sono quiz, non richiedono preparazioni specifiche, esigono però l’adesione piena della persona, coinvolgono dal profondo e mettono davanti a scelte serie, radicali.

Dopo venti secoli, la gente, cosa dice di Gesù?

Oggi, nonostante lo zoccolo duro delle persone anziane che possiedono ancora alcuni contenuti delle verità della fede, talvolta solo in maniera mnemonica, c’è una vasta ignoranza di Gesù e del suo vangelo, non solo da parte di coloro che si dichiarano non credenti, la qual cosa potrebbe essere in qualche modo giustificata, ma anche, purtroppo da parte di coloro che vengono considerati credenti. Esistono una serie di definizioni che vanno a comporre un vero arcobaleno di modi di credere: cristiani praticanti, cristiani della domenica, cristiani di “almeno una volta all’anno” (Natale e Pasqua), credenti ma non praticanti, credenti scesi a compromessi, credenti solo per ciò che riguarda la religiosità popolare, fatta di processioni e soprattutto feste che sanno molto di nuovo paganesimo. E’ una situazione dolorosa, ma reale. Tutto dipende dalla opzione fondamentale che siamo chiamati a fare ogni giorno: credere in Gesù Signore, morto e risorto.

Ecco che la domanda rivolta ai discepoli duemila anni fa riprende tutta la sua forza oggi: «Ma voi, chi dite che io sia?».

Noi non avremmo saputo dare le risposte delle persone di allora perché forse non conosciamo neppure Giovanni il Battista, Elia, o i profeti.

La domanda di Gesù oggi ci incalza in maniera personale: « Ma tu chi dici che io sia?». Attenzione: non sono ammesse scuse, né si accettano risposte imprecise.

Nella domanda c’è un “ma”: dice che gli altri possono pensare quello che vogliono, possono credere o non credere, possono ignorare perfino Gesù, ma noi dobbiamo comprometterci con una risposta netta. Gesù si rivolge a noi, in maniera personale e desidera una risposta così come l’ha chiesta ai suoi discepoli.

Pietro, che aveva seguito Gesù ogni giorno da quando l’ha chiamato lungo le rive del mare, che ha ascoltato ogni sua parola, che ha visto un miracolo in casa sua quando ha guarito la suocera, che ha vissuto l’esperienza della trasfigurazione, ha saputo rispondere: «Il Cristo di Dio».

E noi? Prima di rispondere forse dobbiamo fare una verifica profonda:«Sono un seguace, un discepolo di Gesù? Conosco ciò che è venuto ad annunciarmi? Ho cercato di mettermi in relazione con Lui?…».

Certo il seguito del brano di oggi non lascia spazio alle fantasie: Gesù dichiara subito il suo “programma”: «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

E’ terribile ascoltare questa profezia che si rivelerà poi veritiera in tutta la sua crudezza. Perché dovremmo andare dietro ad una persona destinata alla sofferenza, al rifiuto, alla morte in croce? Dovremmo ricordarci di quando parlava del chicco di grano che per germogliare e portare frutto deve “morire”. E’ un processo della natura ed è necessario: la splendida vita nuova della primavera, ricca di colori, profumi e frutti, nasce dopo la morte fredda dell’inverno.

Siamo chiamati a questa trasformazione, a questa rinascita. “… a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me…” . Gesù ci propone la sequela, ma chiarisce subito i rischi: è necessario rinnegare se stessi e assumersi ogni giorno, con coraggio, la difficoltà di una vita vissuta nella coerenza. Questo porterà inevitabilmente a “perdere” agli occhi del mondo molto di ciò che viene mostrato come necessario e buono, ma Gesù ci dice “…Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà” .

 

Signore, perdona la tiepidezza della nostra fede. Ci lasciamo trascinare dalla corrente e non sempre siamo capaci di seguirti sulla strada che ci indichi. Ci lasciamo spaventare dal timore di non essere in grado di percorrere i sentieri che tracci per noi e preferiamo pascolare in terreni aridi e senza valori. Eppure, come dice il salmo “ha sete di te l’anima mia,desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua”. Donaci di comprendere che tu ci ami, ti prendi cura di ognuno di noi, riversi su di noi “fiumi di grazie e di consolazioni”. Non avremo paura di seguirti, di ascoltarti, di lodarti, di ringraziarti, di testimoniare che “ il tuo amore vale più della vita”. Gesù, vogliamo appartenere a te che sei l’unico Signore della vita. Amen.

CB 20.06.2010 MTM