Seguiamo il Signore nella libertà del cuore. È facile condannare gli altri, invocare il «fuoco dal cielo» su quelli che giudichiamo responsabili dei mali più atroci del nostro tempo. È facile, e sembra quasi un dovere di chi si dice cristiano e ha criteri morali molto precisi ed esigenti: anzi, sembra quasi un servizio di verità, un obbligo per svegliare le coscienze addormentate e complici dei delitti quotidiani. È facile: ma Gesù «si voltò e rimproverò» i discepoli che chiedevano un fuoco dal cielo per consumare i cattivi che avevano rifiutato di accogliere Gesù nel loro territorio. Non è questa la dimensione cristiana. Anzi, Gesù è molto più esigente e non vuole illudere nessuno: mettersi alla sua sequela, voler essere suoi discepoli, non è una cosa facile e immediata, non è un mescolare Vangelo e sentimento, mentalità comune e parole sacre. A chi gli chiede di seguirlo, Gesù descrive in che cosa consiste essere con lui. Lui non ha nemmeno un luogo «dove posare il capo», nemmeno una tana né un nido: seguirlo comporta la medesima condizione, quella “povertà” che, se è una beatitudine, è anche una continuo impegni di ascesi.

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