19 settembre 2010
XXV Domenica del  T.O.  (Anno C)

Dal libro del profeta Amos 8,4-7
Dal salmo 112
Dalla 1 lettera di S. Paolo a Timoteo 2,1-8
Dal Vangelo secondo Luca 16,1-13

«Non sei forse un ladro, tu che delle ricchezze di cui hai ricevuto la gestione, ne fai cosa tua propria?… dare all’uomo nudo il mantello che tieni nel baule, a chi va scalzo le scarpe che marciscono a casa tua, al bisognoso il denaro che tu tieni nascosto. Così tu commetti tante ingiustizie quanta è la gente cui potevi donare».
San Basilio ci ricorda, in maniera cruda, una verità che spesso cerchiamo di non accettare. Quando andiamo a confessarci, spesso, riconosciamo solo certi tipi di peccati, mentre il problema che solleva oggi la Parola tendiamo a sottacerlo: essa vuole condurci in un percorso che fatichiamo a praticare perché riguarda la “tasca” e quella non vogliamo che si tocchi. Se il vangelo ne parla, però, vuol dire che è là lo scoglio insormontabile, il problema irrisolto, la piaga sempre aperta.
Nella prima lettura il profeta Amos scopre i pensieri reconditi di coloro che pensano solo ad arricchirsi alle spalle dei poveri, operando imbrogli e ogni sorta di ingiustizia. Fanno progetti per rubare ciò che non appartiene loro, sapendo di operare il male e credendo che possano permettersi qualunque azione perché nessuno mai scoprirà le loro malefatte.
Il profeta, facendosi eco della voce di Dio, grida: «Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere». Come può il Signore sopportare una tale situazione, lui che è il difensore dei poveri e degli umili? Come permettere ancora che ci sia qualcuno che accumula ricchezze alle spalle dei poveri? Come non alzare la voce davanti a tanta palese ingiustizia?
Se ci guardiamo intorno vediamo come, sempre più spesso, questi comportamenti sono diventati “normali” per molti. Fare soldi, a scapito di tutto e tutti, sembra la legge che governa le azioni delle persone: farsi la villa ignorando tutti i vincoli paesaggistici, spendere per far vedere che si è ricchi, sprecare denaro per pranzi senza fine dove nessuno ha fame, vestire firmato per sentirsi alla moda …
Sappiamo che è avere un tetto, mangiare, coprirsi sono bisogni primari che vanno soddisfatti  affinché, come ricorda s. Paolo a Timoteo,  “possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio”.  Ma la Parola di oggi, tratta dal vangelo di Luca, ci dice che siamo chiamati ad amministrare i beni che abbiamo, con una prospettiva diversa: non l’accumulare egoistico, ma l’uso generoso a favore degli altri:«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi…».
Noi non sappiamo se il ricco fosse un amante della ricchezza, gli fa onore, però, la minaccia di licenziamento quando si accorge che l’amministratore spende male i suoi averi. Il fatto che questi, nella paura di dover andare via dalla casa del padrone, si metta a fare “sconti” agli operai ci fa capire che prima ha commesso molte ingiustizie proprio nei loro confronti.
Ora non ha più molte alternative e per questo escogita un piano: “L’amministratore disse tra sé: «Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua».
Ancora una volta fa calcoli perché tutto torni a suo favore, ma, nel frattempo, coloro che avevano subito l’ingiustizia vengono agevolati e ricevono forti sconti su ciò che dovevano al padrone: essi, infatti, guadagnano inaspettatamente barili di olio e sacchi di grano. Come non essere riconoscenti verso colui che ha procurato loro questa insperata abbondanza!
Sotto la paura del licenziamento, l’amministratore disonesto diventa attento ed oculato, fa le cose nella maniera giusta: se fino ad allora  aveva sprecato le ricchezze ora una parte di esse sono andate agli operai e questo suo gesto è apprezzato dal padrone.
Rimettere le cose a posto, rendersi conto che siamo solo “amministratori” e non i padroni di ciò che abbiamo è il cambiamento che dobbiamo operare nella nostra vita.
Riscoprire la gratuità dei dono di Dio ci deve portare ad utilizzare ciò che  possediamo con rispetto e gratitudine sapendo che saremo chiamati a rendere conto dell’amministrazione dei beni ricevuti, piccoli e grandi.
Guardiamoci intorno e vediamo se, con quello che ci è stato donato gratuitamente, ci siamo “fatti degli amici” tra i poveri cioè tra coloro che hanno diritto ad avere il necessario, oppure se abbiamo sperperato ciò che abbiamo avuto ad esclusivo nostro uso e consumo. Se siamo cristiani dobbiamo sapere che non è possibile servire Dio e la ricchezza.
Ancora oggi, nel mondo, ci sono  molti “profeti” che alzano la voce in difesa degli ultimi e dei poveri, ma forse non siamo capaci di riconoscerli perchè le loro voci vengono soffocate da quelle di coloro che fanno dello spreco la loro bandiera.
Don Tonino Bello, in una sua omelia, disse che Dio non è bravo in matematica perché quando si divide con il povero ciò che si possiede, in realtà si moltiplica e quando si sottrae qualcosa dalla nostra tasca non si fa altro che aggiungere nella tasca di non ha. La sua vita è stata una testimonianza di bene: dando tutto ai poveri è diventato ricco e si è fatto molti amici …

Signore Gesù, confrontarci con il tuo insegnamento significa mettere a nudo i nostri comportamenti non sempre limpidi. Perdonaci se siamo caduti nella trappola dell’egoismo che ha tenuto fuori dal nostro cuore e dalle nostre case coloro che sono nel bisogno. Abbiamo pensato che dovevamo occuparci solo di noi stessi e della nostra famiglia senza renderci conto che tutto ciò che abbiamo è tuo dono, anche la famiglia. Rendici attenti al grido di chi chiede giustizia, di chi ha fame, di chi è nel bisogno. Con il tuo aiuto vogliamo diventare amministratori attenti dei tuoi beni. Amen.

CB 19.09.2010 MTM