14 novembre 2010

XXXIII Domenica T.O. (anno C)

Dal libro del profeta Malachia 3,19-20a

Dal Salmo 97

Dalla 2^ lettera di S. Paolo ai Tessalonicesi 2Ts 3,7-12

Dal Vangelo secondo Luca 21,5-19

Nel leggere la pagina del vangelo di Luca di questa domenica ci sembra di sentire le cronache dei telegiornali: terremoti, uragani, eruzioni, allagamenti, frane. E’ arrivata la fine del mondo? Per le vittime lo è sicuramente, mentre noi, spettatori, dobbiamo imparare a leggere questi segni. I mezzi della comunicazione di massa sono molto aumentati e, in ogni momento, siamo in grado di sapere tutto ciò che succede anche nel più sperduto angolo del mondo.

Dopo aver “visto” siamo chiamati, però, a fare delle necessarie riflessioni: dobbiamo prendere coscienza che abbiamo ferito la terra, l’abbiamo trattata senza alcun rispetto, sfruttandone le risorse fino alla distruzione, dimenticando che essa ci è stata affidata per custodirla, goderne le bellezze, trarne il necessario per vivere. Non siamo i padroni, ma gli affidatari con precise responsabilità verso la terra, verso le generazioni future e verso noi stessi. Una terra maltrattata può certamente portare alle catastrofiche conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

Gesù, nel vangelo di oggi, voleva proprio parlare solo di catastrofi o non dobbiamo invece rileggere il brano con maggiore attenzione?

“In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Certamente è bene ammirare le “belle pietre” ma se il tempio si riduce a puro esercizio di bellezza è poca cosa perché “non sarà lasciata pietra su pietra”.

Il tempio di Gerusalemme, per gli ebrei, era il simbolo della loro fede eppure Gesù, in qualche modo invita a staccarsi dai luoghi, dalla sicurezza riposta solamente nelle tradizioni, dalle cose già viste. Se la nostra fede si fonda esclusivamente sull’abitudine di pochi e mal compresi gesti è veramente poca cosa.

Gesù ci chiama ad alte vette, fatte di libertà, di coraggio, di coerenza. Penso ad un vescovo dell’Est, prigioniero nei Gulag, che con i fili di rame di un pezzetto di cavo elettrico si era costruito un minuscola croce, che usava il palmo della mano come calice per consacrare una briciola di pane secco e le poche gocce di vino che gli avevano concesso di tenere come cura per il mal di stomaco, che pregava con l’unico salmo stampato sopra una pagina, ormai consunta, stappata dal suo breviario.

Ha vissuto così per trent’anni realizzando a pieno la frase di Gesù:«Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». La testimonianza del vescovo prigioniero è davvero preziosa! Sembra un avvenimento troppo lontano eppure il Signore ci invita a dare conto della nostra fede in Lui in ogni occasione della giornata. Se intorno a noi è tutto tranquillo, se nessuno si accorge di noi, se non si “vede” la nostra diversità in quanto cristiani forse è perché non lo siamo coerentemente.

“Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” dice Gesù, e noi non vogliamo correre questo rischio: preferiamo mimetizzarci vivendo come tutti, assumendo comportamenti talvolta discutibili sia sul piano morale che civile.

Gesù ci raccomanda: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”… Non andate dietro a loro!». Quanti cattolici sono caduti nella trappola ed hanno seguito sedicenti profeti! Quante persone hanno cambiato religione per abbracciare altre filosofie, sette o movimenti esoterici!

Il bagaglio promesso da Gesù per affrontare la quotidianità è questo: “io vi darò parola e sapienza”. Ma forse ci sentiamo già attrezzati per pensare di ricorrere a Lui, ci sentiamo già sapienti e pieni di “parole”, di argomentazioni, per desiderare realmente il suo aiuto oppure semplicemente non crediamo che il Signore possa intervenire. Eppure “nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto” . L’attenzione del Signore arriva alla nostra misura: passa dal dono straordinario della sapienza al sottile filo di capello!

Signore Gesù, perdona il nostro attaccamento alle cose, alle “pietre”. L’unica roccia sulla quale fondare la nostra vita sei Tu. Nessun evento catastrofico potrà far crollare la nostra vita di fede se la costruiamo sulla tua Parola. Donaci la sapienza per discernere i segni dei tempi, per non lasciarci intimorire dagli avvenimenti, per comprendere che se restiamo in Te non avremo timore.Donaci le parole per testimoniare il tuo vangelo e il coraggio di pronunciarle anche laddove è difficile. Donaci la perseveranza nel seguire i tuoi insegnamenti, per non cadere nella trappoladelle moderne falsità e poter vivere nella serenità e nella pace. Amen.

CB 14.11.2010 MTM