28.11.2010

1^ Domenica di Avvento (anno A)

Dal libro del profeta 2,1-5

Dal Salmo 121

Dalla lettera di S. Paolo ai Romani 13,11-14a

Dal Vangelo secondo Matteo 24,37-44

Comincia, con questa 1^ domenica di Avvento, l’anno liturgico: la storia della salvezza viene di nuovo annunciata a noi che, presi come siamo da tante cose, forse non dedichiamo sufficiente attenzione a questo inizio fondamentale per il cammino di fede. Saremo guidati in maniera particolare dalle parole del vangelo di Matteo.

Tutta la liturgia della Parola è un invito a rimanere svegli e vigilanti nella gioia dell’attesa. Il richiamo di s. Paolo è forte e chiaro: “Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina”.

Ci siamo addormentati? Siamo, come dice il vangelo, simili a quegli uomini che “nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio”.

Ci accorgiamo che è necessario porre attenzione ai segni dei tempi? Siamo capaci di scorgere segnali di speranza intorno a noi? Siamo in grado di trovare, soprattutto dentro di noi, germi di novità oppure guardandoci intorno e vedendo le cose che non vanno, ci lamentiamo, magari solo dei comportamenti altrui?

E’ tempo di fare una verifica personale; non possiamo nasconderci nel gruppo come si faceva a scuola nella speranza di non essere interrogati. Il Signore desidera instaurare una relazione particolare con noi. Davanti a Lui non siamo una massa informe; ci conosce per nome e siamo preziosi ai suoi occhi pur con i nostri difetti e le nostre debolezze. Oggi abbiamo una nuova opportunità: si apre davanti a noi una strada che ci condurrà a Betlemme, luogo del mistero e dello stupore davanti al Bambino-Dio.

Siamo invitati a rimanere svegli, ma in che modo? Non certo bevendo caffè a volontà bensì, come afferma s. Paolo comportandoci “onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie”.

Sembra la fotografia di trasmissioni che vanno per la maggiora, dove le opinioni sono gridate, i giudizi sono superficiali e gratuiti, i contenuti insulsi; eppure sono diventate icona dei modi di vivere dei nostri giorni, anzi delle notti di molti, soprattutto giovani. Non possiamo dire che non ci riguarda, né possiamo sentirci immuni da tali cose.

Siamo chiamati a vigilare sui nostri comportamenti: nessuna omologazione con quello che fanno gli altri bensì operare attente scelte di vita.

In completa contrapposizione con i modi di vivere di oggi i versetti tratti dal libro del profeta Isaia mettono davanti ai nostri occhi una bellissima scena di pacificazione: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra”.

E’ quello che siamo chiamati a fare tutti: spazzare le nostre aggressività, togliere di mezzo i rancori, trasformando i mezzi delle offese in attrezzi per il bene. Dobbiamo avviarci verso la grotta santa con in mano, o meglio nel cuore, buoni sentimenti come è riportato nel salmo 121: “Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: «Su di te sia pace!».Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene”.

Dobbiamo aprire gli occhi e attendere la venuta del Signore con un’ansia d’amore, di trepidazione simile a quella di tante mamme che nella notte aspettano il ritorno dei figli e non si mettono il cuore in pace finché non lo sentono rientrare, come quella di tante spose che aspettano trepidanti il ritorno del compagno.

Non una veglia obbligata e stanca, ma un’attesa gioiosa fidando nella certezza della venuta del Signore. Se le nostre ansie sono rivolte solo alle scelte dei regali, agli abiti, alle feste, ai cenoni dobbiamo accogliere e fare nostro l’invito della Parola alla sobrietà, all’essenzialità diventando segni di una speranza nuova per noi e per gli altri.

In piedi dunque: vegliamo aspettando insieme con Maria e con Giuseppe la venuta del Re, di Gesù nostro Signore, sapendo che tanti uomini e donne, in ogni parte del mondo ci sono compagni in questa notte di attesa, preludio di un’alba radiosa.

Signore perdona la nostra continua sonnolenza spirituale; perdona la nostra debolezza quando cediamo alle lusinghe del mondo; perdona il nostro sguardo corto rivolto solo ai beni materiali. Ti ringraziamo per la Tua Parola che ci richiama e ci spinge a rimetterci in piedi e ad incamminarci su una strada nuova che conduce a Te, unico bene, fonte di pace e di riconciliazione. Vogliamo fare questo viaggio insieme con Maria e Giuseppe per condividerne le fatiche e la gioia dell’attesa. Amen.

CB 27.11.2010 MTM