30 gennaio 2011

IV domenica del TO (Anno A)


Dal libro del profeta Sofonìa 2,3; 3,12-13

Dal Salmo 145

Dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corìnzi 1,26-31

Dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12

“Cercate il Signore, cercate la giustizia, cercate l’umiltà” . Iniziare la liturgia della Parola della domenica con questi inviti del profeta Sofonia, significa lasciarsi smuovere dalle pigrizie, dai comodi, dagli schemi più o meno contorti dei nostri ragionamenti e mettersi in un atteggiamento nuovo, dove c’è spazio per il Signore, per la giustizia, per l’umiltà.

E’ un invito che non possiamo lasciar cadere nel vuoto: al nostro cuore manca proprio il Signore, la sua giustizia, l’umiltà, la sua verità, la saggezza, il discernimento… Spesso, dentro di noi, accusiamo un vuoto che nessuna esperienza, pur bella, nessun divertimento, né ricchezza possono colmare. Sentiamo il bisogno di qualcos’altro o meglio di qualcun “Altro” che cerchiamo anche inconsciamente, con fatica e difficoltà, mentre è Lui che chiama noi e non servono le scuse di inefficienza o di incapacità che usiamo per non rispondere alla sua chiamata.

La splendida prima lettera di s. Paolo ai Corinzi sembra essere stata scritta per aiutarci in questo discernimento: “Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili”. La chiamata è per tutti, dunque, senza differenza alcuna e avviene nella quotidianità della nostra vita: non sono richiesti studi particolari, né potere, né nobiltà di casta, anzi “quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto”

Grande lezione questa di S. Paolo! Con semplici parole illumina la nostra intelligenza per poter comprendere il pensiero di Dio.

Il problema è: come leggiamo questa Parola? Come rivolta solo ad altri oppure è rivolta a ciascuno di noi, in maniera personale?

Nel primo caso corriamo il rischio di non ascoltare perché pensiamo non ci riguardi, nel secondo rischiamo di dover fare una profonda verifica circa i valori fondamentali.

Chi mai vorrebbe essere considerato dal mondo “stolto”, “debole”, “disprezzato ”? Eppure lo diventiamo ogni volta che ci uniformiamo al pensare comune che considera valori l’egoismo, la poca sensibilità ai problemi degli altri, la furbizia, la disonestà.

Ciò che conta veramente è essere in Cristo, “il quale per noi è diventato sapienza” . Presso il Signore non ci sono graduatorie, né meriti: tutto è gratuità e viene elargito con una misura colma e traboccante.

Ecco dunque che l’invito di Paolo a prendere in seria considerazione la “chiamata” diviene il punto di partenza del cambiamento. Dobbiamo operare una reale inversione di vita e, per farlo, dobbiamo prendere a modello Gesù, le sue parole, i suoi gesti, il suo stile, il suo modo di relazionarsi con tutti, sani e malati, storpi e ciechi, donne e uomini, potenti e poveri, furbi e innocenti.

L’acquisizione di una nuova mentalità, fatta di amore, di misericordia e di perdono verso noi stessi e verso gli altri, ci porterà a vivere pienamente le beatitudini e, come l’acqua di un fiume, dopo un tragitto più o meno lungo fatto di dislivelli, di deviazioni e di impedimenti vari, sfocia necessariamente in mare, così noi, dopo un cammino di conversione e di purificazione, godremo della gioia nascosta nelle parole di Gesù dette alle folle su quel monte.

Del brano del vangelo di Matteo sulle beatitudini colpiscono i verbi dei primi versetti che caratterizzano le azioni di Gesù:

-vedere le folle, cioè rendersi disponibili ad accogliere il desiderio di consolazione che è nel cuore delle persone;

– salire sul monte, segno della difficoltà del cammino, ma anche meta ombrosa, riparo contro la calura della pianura;

– mettersi a sedere, come scelta di abbassarsi al livello di chi ascolta per parlare cuore a cuore;

– essere circondato dai discepoli, segno di fedeltà all’ascolto;

– parlare e insegnare: come prezioso dono di comunicare ciò che trabocca dal cuore.

Solo in compagnia di Gesù le beatitudini prendono significato: essere poveri nello spirito, essere nella sofferenza, essere miti, avere fame e sete di giustizia, essere misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, essere perseguitati a causa della giustizia significa essere cristiani seguaci del Maestro. Le beatitudini sono una meta da desiderare, da conquistare, da raggiungere ad ogni costo. Il cammino non è facile, ma la ricompensa è grande.

Signore Gesù invitaci a salire sul monte delle beatitudini; toglici dalla confusione che riempie le nostre orecchie e portaci all’ombra del tuo amore. Vogliamo sederci, come i discepoli, intorno a te e rimanere in ascolto della tua Parola. Desideriamo accogliere la consolazione che solo tu puoi dare. Siamo i tuoi poveri, abbiamo bisogno di riconquistare i valori della giustizia della pace, e della fratellanza, abbiamo bisogno di te. Così come i comandamenti furono incisi sulle tavole di pietra, così incidi nel nostro cuore le beatitudini: vogliamo cambiare per diventare, ognuno di noi, la tua beatitudine. Amen.

CB 30.01.2011 MTM