01 maggio 2011
II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia (Anno A)
Dagli Atti degli Apostoli 2,42-47
Dal Salmo 117
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 1,3-9
Dal Vangelo secondo Giovanni 20,19-31
Comincia, con questa domenica, il cammino dei discepoli, orfani di Gesù, verso mete mai pensate, prima tra tutte l’essere una comunità. Il dono originario che ricevono infatti è la perseveranza nel continuare ciò che Egli aveva iniziato e insegnato:“erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” .
Nasce un modo diverso di stare insieme: “avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno”.
E’ una vera rivoluzione. Lo spezzare insieme il Pane dava loro la forza per sciogliere altri legami che sapevano di prigionia come il possesso geloso ed esclusivo delle proprietà e la conseguente disuguaglianza sociale.
La condivisione dei beni faceva di queste persone uomini nuovi. Manifestavano un sentimento di libertà non paragonabile ad altre esperienze e allo stesso tempo nutrivano un senso di timore; nelle loro esistenze, infatti, la presenza di Dio era sorprendente e“prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli”.
Ciò che descrivono gli Atti degli Apostoli è la cronaca dettagliata della nascita della Chiesa, iniziata da quella prima sparuta comunità di Gerusalemme, mentre il brano del vangelo di Giovanni oggi ci fa scoprire la radice profonda di questa storia: l’incontro con Gesù risorto!.
“La sera di quel giorno, il primo della settimana,… venne Gesù…”. Sembra uno dei tanti brani evangelici, ma non è così: le porte erano chiuse, la paura era tanta e soprattutto Gesù era morto. Oh momento santo! Il Signore saluta augurando la pace e per essere riconosciuto mostra i suoi “segni particolari”: le ferite delle mani e del costato.
L’evangelista continua il racconto con una sobrietà tale che noi restiamo stupiti: “i discepoli gioirono al vedere il Signore”. Niente fronzoli ma la gioia sì, una gioia profonda mista allo stupore, alla sorpresa, all’incredulità.
Gesù si riappropria subito del suo ruolo da Maestro e, con la sollecitudine che ha contraddistinto la sua missione e lo zelo per il Regno, immediatamente dà il mandato ai suoi discepoli alitando su di loro lo Spirito Santo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Il primo incarico in assoluto che ricevono i discepoli è quello di perdonare i peccati, compito proprio di Dio e opera esclusiva della sua infinita misericordia.
Mi chiedo come saranno rimasti Pietro, Giacomo, Giovanni e tutti gli altri. Chissà cosa si aspettavano da Gesù risorto? Quel corpo splendente e vittorioso sulla morte, che ha lasciato il sepolcro, le bende e il sudario non ha abbandonato però le piaghe. Esse sono un marchio di infamia ma anche feritoie di accesso alla salvezza: “dalle sue piaghe siamo stati guariti”.
In quella sera i cuori dei discepoli si placano: il saluto di Gesù diventa pace tangibile e l’azione dello Spirito Santo comincia a operare dando inizio ad una specie di nuova gestazione. Come la Vergine all’annuncio dell’angelo pur turbata, timorosa, e piena di domande accetta e riconosce che in lei “grandi cose ha fatto l’Onnipotente” così i discepoli, impauriti e titubanti, piano piano comprendono che sono dentro un mistero che li supera pienamente. Essi diventano lievito che fermenta, seme che germoglia ancora oggi.
All’appuntamento con Gesù era assente Tommaso. Quando torna viene investito dai racconti concitati degli amici, ma non si lascia convincere. E’ il suo turno di porre domande, di ricevere risposte e di acquisire prove: ha diritto a toccare con mano ed in questo è categorico: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Tommaso cerca segni sul corpo e vuole toccarli per credere. E noi? Quanti “segni” di sofferenza abbiamo visto sulle persone che ci sono accanto, sui bambini innocenti, sulle donne maltrattate, sui cristiani perseguitati, sui giovani sfruttati? Siamo stati capaci di “vedere” attraverso queste “piaghe”? Le abbiamo considerate come finestre aperte per nutrire la speranza o come porte spalancate verso la disperazione?
L’esigente e lucido Tommaso desidera verificare, ma deve attendere otto giorni. Tutti aspettiamo Gesù, ma molte nostre porte restano chiuse. Egli però non si arrende e passa attraverso le nostre barricate, scavalca ogni ostacolo pur di raggiungerci. Gesù vuole incontrare ognuno di noi per donarci la pace come solo lui può darla e farci gustare la misericordia del Padre: solo sperimentando profondamente il perdono potremo esultare “di gioia indicibile e gloriosa”..
Lo Spirito Santo effuso da Gesù ci consente di vivere queste operazioni spirituali. Dobbiamo aprire le porte a Cristo, come invitava il Beato papa Giovanni Paolo II, ma anche al Paraclito: senza la sua forza nulla è nell’uomo.
Dalla sera di quel giorno, il primo della settimana, da quella stanza dove erano i discepoli è partita l’eco del mandato di Gesù: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» e questa eco ha raggiunto i cuori di molti giovani che l’hanno accolto e sono diventati amministratori della misericordia e del perdono di Dio. Proprio per questo oggi possiamo fare nostro il responsorio del salmo 117 “Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre”.
Signore, nella domenica della Misericordia, voglio imparare a ripetere, con santa Faustina, l’espressione del completo abbandono: “Gesù confido in te”. Troppe volte sono rimasta fuori dalla casa mentre tu eri già dentro perché volevo dettare io i tempi e le modalità dell’incontro. Somiglio un po’ a Tommaso, ma non mi vergogno perché so che tu hai pazienza con me e con tutti coloro che ti cercano con cuore sincero. Donami di esserti vicino al punto da toccare le tue piaghe per esclamare, con tutto il cuore: «Mio Signore e mio Dio! Mia sorpresa e mia gioia! Mia pace e mio riposo! Mio alito di vita e mio maestro! Mio crocifisso e mio risorto! Mio perdono e mia misericordia». Amen.
CB 01.05.2011 MTM