08 maggio 2011

3^ Domenica di Pasqua (Anno A)

Dagli Atti degli Apostoli 2,14.22-33

Dal Salmo 115

Dalla prima lettera diS Pietro apostolo 1,17-21

Dal Vangelo secondo Luca 24,13-35

Nelle letture di oggi e delle prossime domeniche fino a Pentecoste guarderemo la comunità dei discepoli di Gesù con la stessa tenerezza ed apprensione con le quali si guardano i primi incerti passi di un bambino piccolo. Troveremo slanci ed entusiasmi, delusioni e speranze: un turbinio di sentimenti che ci fanno sentire più vicini quegli uomini e quelle donne che hanno avuto l’appassionato compito di iniziare a vivere la koinonia, la chiesa, così come desiderava Gesù..

Dalla Pasqua in poi, per i discepoli, niente sarà come prima: né le relazioni tra loro né, tanto meno quelle con l’ambiente esterno. Camminare insieme con Gesù lungo le strade di Israele aveva significato patire la stanchezza, la fame, la sete, ma anche vedere le meraviglie di Dio, i miracoli e i prodigi che accompagnavano la predicazione del Maestro.

Ora invece non sanno più cosa pensare: nei loro cuori si mescolano paura e desiderio di credere, insieme alla tristezza e alla voglia di chiudere, in qualche modo, un capitolo così doloroso della loro vita.

Il brano tratto dal vangelo di Luca è la cronaca puntuale di ciò che succede a due discepoli al termine di una giornata memorabile. Tornano a casa in “villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme” amareggiati e sconvolti. Lungo la strada hanno intavolato una conversazione tanto animata che nemmeno si accorgono che Gesù in persona… camminava con loro” . Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?».

Inizia così un intenso colloquio “terapeutico” fatto di discrezione, di interesse, di ascolto empatico. “Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?».

Forse anche oggi molti cristiani sono così “forestieri” da non sapere cosa sia accaduto in Gerusalemme. E noi? In questa Pasqua ci siamo accontentati di soddisfare gli obblighi oppure siamo entrati un po’ più dentro a quegli avvenimenti che vengono racchiusi sotto una parola che di per sé dice già tutto: “Passione”. Abbiamo seguito le liturgie per vivere, fino in fondo, il “passaggio”, la pasqua? Abbiamo superato il mare della morte, del peccato e abbiamo accolto la bella notizia della resurrezione di Gesù oppure tutto è come prima? Cosa abbiamo celebrato?

Cleopa e il suo compagno hanno voglia di parlare e soprattutto di sfogare il loro dolore. Facilitati dall’interesse mostrato da Gesù, iniziano a raccontare la storia di questo “profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso”.

Questi sono i fatti dolorosi, ma ora che hanno cominciato a parlare non si fermano e manifestano anche la loro profonda delusione:“ Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele”, ma “sono passati tre giorni…”.

Gesù ha forse deluso anche noi? Quali speranze abbiamo riposto nel Signore? Ancora una volta, dobbiamo chiederci quale tipo di relazione abbiamo con lui. Se crediamo che Gesù è il Risorto, se su di lui abbiamo fondato la nostra vita, se è l’amico intimo e il Dio in cui crediamo, se lo amiamo sinceramente allora niente potrà scandalizzarci o separarci da lui.

I due discepoli continuano la cronaca del giorno che sta per concludersi non senza un certo imbarazzo per le voci che circolano: “Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo”.

Questo è lo scoglio, il confine, l’origine del turbamento dei due seguaci: credere che Egli è vivo!

A questo punto Gesù, con foga, fa una sottolineatura che è per i discepoli, ma anche per noi che fatichiamo a credere:“E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui”.

Poveri noi che ci sforziamo di credere senza sapere nulla della bellezza del progetto che Dio ha per ognuno di noi, senza conoscere le radici della nostra fede, senza renderci conto che siamo chiamati per amore, e solo per amore, a vivere la comunità, la chiesa!

E’ tempo di dire a Gesù risorto: «Resta con noi…» “Egli entrò per rimanere con loro”. I discepoli, nonostante la loro sofferenza, non dimenticano l’ospitalità e il loro gesto viene ripagato con altro Pane e altro Vino: “Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro”.

“Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”. Davanti al Pane spezzato i discepoli prendono coscienza di ogni cosa: leggono i segni e li comprendono, si spiegano l’ardore che avevano nel cuore mentre Gesù rendeva comprensibili le Scritture, decidono senza indugio di tornare a Gerusalemme per raccontare, testimoniare che Gesù è veramente risorto.

Davanti all’Eucarestia le grazie si moltiplicano allora come oggi.

Signore Gesù, nostro compagno nel cammino, vieni; quando siamo delusi e scoraggiati, vieni! Vogliamo invitarti a rimanere con noi, perché troppo spesso sulle nostre giornate scende la sera, il buio della non speranza, della tristezza, della solitudine. Sapendoci così fragili Tu hai scelto di restare con noi per sempre nell’Eucarestia. Aiutaci a viverla con umiltà sapendo che davanti a tale immenso dono anche i nostri occhi e il nostro cuore si apriranno e noi ti riconosceremo. Amen.

CB 08.05.2011 MTM