12 giugno 2011

Domenica di Pentecoste (Anno A)

Dagli Atti degli Apostoli 2,1-11

Dal Salmo 103

Dalla prima lettera di San Paolo ai Corìnzi 12,3b-7.12-13

Dal Vangelo secondo Giovanni 20,19-23

“Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento…”. L’evangelista Luca, autore del libro degli Atti, sembra quasi non trovare le parole per descrivere ciò che successo e come potrebbe? Una manifestazione così potente dello Spirito Santo di Dio non si era mai vista. Nei libri della Bibbia ci sono molte descrizioni e spesso i profeti ne parlano, ma a Gerusalemme, in quella notte di veglia e di preghiere, ogni definizione diventa vana. L’evento è così straordinario che occorrono parole nuove per dire l’opera di Dio.

Fragore, vento, fuoco: elementi propri di una fucina dove vengono forgiati i futuri testimoni della resurrezione. Come metallo i cuori dei presenti vengono fusi al calore dell’amore di Dio e plasmati per assumere la forma e la consistenza dell’uomo nuovo, modellato su Cristo Signore.

Tutte queste operazioni, lungi dal provocare dolore, immergono i discepoli in un abisso di amore così sublime e totale che non lo dimenticheranno mai più. San Paolo per questo poteva scrivere: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? “(Rm 8,35).

Dopo quel giorno niente potrà far riassumere ai discepoli i vecchi atteggiamenti: timori, dubbi, incertezze e paure sono fugati per sempre. Essi sono creature nuove e vivranno l’esperienza di credenti in Cristo in modo nuovo. Il fuoco d’amore, bruciando ogni residuo di fragilità, sciolse le loro lingue in un canto di lode a Dio che sapeva di eternità già su questa terra.

Lodarono per ogni uomo e per ogni donna, per l’umanità intera perché “cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”. Non sapevano cos’era, ma sentirono i cuori traboccanti di amore e dalle labbra scaturì una lode potente, anticipo di quella che faranno, per sempre, davanti al trono di Dio. Cinquanta notti prima, nel Getsemani, non erano stati capaci di vegliare neppure una sola ora insieme con Gesù (Mt 26,40) e adesso hanno passato la notte a pregare senza sosta.

La preghiera riempì tutta la casa e, come un fiume in piena, all’alba traboccò nella piazza dove la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia…”.

Stupore e meraviglia sono sentimenti che purtroppo non sempre appartengono alla nostra sfera spirituale, forse perché abbiamo voluto ridurre la fede al solo ragionamento ma, così facendo, abbiamo perso di vista il cuore, lo spazio dove vivono le emozioni. Ci siamo in qualche modo inariditi ma il cuore reclama palpiti e non trovandoli si volge facilmente verso “ogni vento di dottrina” (Ef. 4,14) nella speranza di percepire il divino.

La folla stupefatta e perplessa, sulla piazza di Gerusalemme si poneva tanti interrogativi: «Come mai … li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio». «Che cosa significa questo?», «Si sono ubriacati di vino dolce» e alle numerose domande Pietro dà un’unica risposta: «Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, … voi… l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni». All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?».

Il primo frutto dell’evangelizzazione, fatta dai discepoli immediatamente dopo l’effusione dello Spirito Santo, è la compunzione dei cuori, il cambiamento di vita in coloro che ascoltano. Da allora in poi sarà sempre così nella misura in cui coloro che annunciano e testimoniano la resurrezione di Gesù lo fanno nella consapevolezza di essere semplici strumenti nelle mani di Dio.

Davanti a questi documenti che testimoniano l’effetto della Pentecoste sui credenti sorgono numerosi interrogativi anche in noi: Un’esperienza così forte di effusione dello Spirito è stata solo per quelle persone e per quei tempi oppure la promessa di Gesù – riceverete forza dall’alto e di me sarete testimoni fino agli estremi confini della terra- è anche per noi? Possiamo presumere di non aver bisogno di segni così eclatanti per portare frutti? Con tutto ciò che abbiamo oggi, in termini di tecnologie e di mezzi, abbiamo ancora bisogno di questa esperienza per evangelizzare?

Non vogliamo definirle bestemmie, ma queste domande ci vanno molto vicino. Se non desideriamo fortemente la Pentecoste significa che non vogliamo obbedire al Signore che ha detto di attendere il dono dello Spirito che ci condurrà verso la verità tutta intera. Forse non lo desideriamo abbastanza, pieni come siamo dell’errata idea che “fare discepoli” significa radunare gente, fare numero, mentre Gesù ci chiede di essere chicco sotterrato, piccola porzione di lievito capace di far fermentare la massa. Lasciamoci sorprendere dalle promesse di Dio e accogliamo “l’altro Consolatore” con disponibilità e riconoscenza.

Signore Gesù, primo consolatore, ti prego di non tener conto dei miei dubbi e delle mie incertezze. Queste fragilità mi impediscono di essere come tu mi vuoi, perciò ti chiedo una potente effusione del tuo Spirito. Sono spenta e il tuo Spirito mi riaccende, sono chiusa nell’egoismo lui spalanca la porta del mio cuore, sono arida e lui viene ad irrigare il mio deserto, sono ferita dalla sofferenza che è nel mondo e lui viene a risanarmi. Manda, ti prego, il tuo Spirito, con tutti i suoi doni ordinari e straordinari, su coloro che hai chiamato al santo e prezioso compito di evangelizzare: vescovi, sacerdoti, diaconi, catechisti affinché siano sostenuti nel ministero e si sentano consolati dalla sua costante presenza. Amen.

CB 12.06.2011 MTM

Preghiera (dalla sequenza)

VIENI

Vieni, Santo Spirito, mio Signore sconosciuto.
Mandami un raggio della tua luce,

riverbero di una fiammella di quel fuoco d’amore

che ti lega al Padre e al Figlio,

alla Vergine e ai Patriarchi, ai Profeti, e ai mistici.

Vieni, Padre di me povera,

vieni, generoso datore di ricchezze divine.

Vieni a illuminare il buio del male nascosto in fondo al cuore,

mentre la mia anima attende il Consolatore perfetto, l’ospite dolce,

il sollievo, il riposo, il riparo, il conforto.

Senza la tua forza travolgente e delicata non esisto.

Sei tu che aleggi sulle acque stagnanti del mio pantano

mentre il tuo vento gagliardo le prosciuga

e sei tu che plachi le onde violente del mio mare sempre in burrasca.

Viene brezza leggera, vieni unguento che risana,

vieni dolcezza senza fine, vieni carezza di Dio.

CB 06.06.2011 MTM