In tutte e tre i Vangeli Sinottici, è sempre Gesù che interroga: nel momento stesso in cui si fa oggetto della domanda, egli resta il soggetto, perché è lui l’interrogante. La riflessione su Cristo, a qualunque livello si ponga, se intende adeguarsi alla realtà di Gesù, deve capovolgere l’ordine consueto di una ricerca. E questo si impone con una verità: il cuore della riflessione e della fede cristiana non è un “oggetto”, una “dottrina”, una “formula”, ma il Vivente, che provoca e inquieta e, come si vede dal seguito del racconto, non si lascia catturare dagli schemi che gli si vorrebbero applicare. Egli vuole una risposta che impegni in prima persona: non si può rispondere per sentito dire. Ognuno a questa domanda deve rispondere con la sua esperienza di Cristo. Avere a che fare con lui non è un evento innocuo o marginale: deve coinvolgere tutta la persona. Lo sa bene il grande Inquisitore di Dostoevskij: “Sei tu, sei tu?… Non rispondere, taci. E che potresti dire? So troppo bene quel che puoi dire. Del resto, non hai il diritto di aggiungere nulla a quello che tu già dicesti una volta. Perché sei venuto a disturbarci? Sei venuto infatti a disturbarci, lo sai anche tu…”. Cercare il suo volto significa lasciarsi disturbare, uscire dalle tranquille certezze degli equilibri che non compromettono, fare una scelta di campo, dare e provare scandalo.

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