18 SETTEMBRE 2011

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Dal libro del profeta Isaìa 55,6-9

Dal Salmo 144

Dalla lettera di San Paolo ai Filippési 1,20-24,27

Dal Vangelo secondo Matteo 20,1-16

Sia nella prima lettura che nel brano del vangelo di oggi campeggia il verbo “cercare”: il profeta Isaia ci spinge a cercare il Signore mentre l’evangelista Matteo ci presenta un padrone che esce a cercare operai dall’alba fino al tramonto.

Cercare o essere cercati? Nella vita spirituale non sono comunque ammesse fermate.

“Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?” (Mt 20,6). Gesù interroga i braccianti che stavano in piazza e noi stessi. Guardiamo come sono le nostre giornate: stiamo senza far niente oppure desideriamo qualcosa, “Qualcuno” che dia sapore alla nostra vita? Siamo braccianti in cerca di lavoro, cioè bisognosi e affamati, oppure siamo dei fannulloni, sazi di ogni esperienza, che si lasciano vivere senza alcuna meta da raggiungere? Naturalmente non stiamo parlando di arrivismo umano, ma di quella ricerca spirituale che dovrebbe muovere il cuore di ogni persona.

Sappiamo come andrà a finire la giornata che ci racconta l’evangelista e le discussioni a proposito della paga per il lavoro. Ma questo brano, prima delle “rivendicazioni sindacali degli operai” ci dice che: “Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori ”. Gesù cerca operai che lo aiutino nella cura della vigna, chiede un sostegno, vuole persone che siano capaci di dare una mano. Non vuole specialisti, solo semplici lavoratori, tanto che, ad ogni ora, assume altre persone.

Egli chiama tutti noi nel suo campo per poter avere la possibilità di remunerarci, a sera, non in misura dell’impegno messo e nemmeno delle ore di lavoro fatte, ma per la sua generosità, perché è buono. La nostra paga sarà avere vita per sempre, eternamente.

Gesù mette in chiaro le sue intenzioni: «Io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?».

Come è amaro constatare che, al tramonto di quel giorno, neppure la stanchezza per il duro lavoro sotto il sole riesce a sconfiggere il demone dell’invidia nell’operaio della prima ora!

Quante volte abbiamo dato spazio all’invidia nel nostro cuore? E’ una radice di male difficile da estirpare soprattutto quanto si ammanta, come nel brano di oggi, di giustizia per un’equa distribuzione di beni, ma nella gratuità del Signore, cadono nel nulla i mugugni degli operai che, per lavorare, avevano stipulato un regolare contratto.

Davanti alla bontà del Signore, in noi si accende una speranza: quella di essere chiamati e di avere la capacità di rispondere positivamente all’ingaggio di questo Padrone che al mattino presto esce a cercarci e fino a sera prova a schiodarci dal nostro immobilismo.

Una volta “assunti” siamo chiamati ad abbandonare i nostri modi di pensare, i nostri calcoli, i pregiudizi: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie”.

Siamo chiamati a convertirci, a cambiare modo di pensare ed entrare nella logica misericordiosa di Dio. Nella vigna del Signore non ci sono orologi che segnano l’entrata e l’uscita dei lavoratori, non esistono graduatorie di merito, né anzianità di servizio. Nessuno può accampare meriti. Tutto è grazia.

Signore, perdonaci, quando ci viene la tentazione di suggerirti come distribuire i tuoi beni o quando giudichiamo le azioni degli altri senza pietà, dimenticando che Tu usi un’unica misura per tutti: la misericordia. Perdonaci quando ci sentiamo a posto e soddisfatti pur stando tutto il giorno senza fare niente per il regno, mentre Tu, padrone della vigna, vieni a chiamarci ad ogni ora, lasciandoci comunque liberi di accettare. Donaci di riconoscere la tua offerta e di scoprire la bellezza di lavorare per il regno. Ti preghiamo, Gesù, non lasciarci inoperosi. Amen.

CB 18.09.2011 MTM