20 NOVEMBRE 2011
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO
Dal libro del profeta Ezechièle 34,11-12.15-17
Dal Salmo 22
Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corìnzi 15,20-26.28
Dal Vangelo secondo Matteo 25,31-46
La Parola della liturgia dell’ultima domenica dell’anno liturgico, invece di presentarci una magnifica festa come quelle che si organizzano ad ogni capodanno, ci riporta indietro nel tempo tra greggi e pastori.
Emerge dalle letture, ad iniziare dal brano del profeta Ezechiele andando al salmo e al vangelo, una figura: quella del pastore esperto, accorto, premuroso. Egli ha cura delle pecore, non accetta di perderne nemmeno una perché sono la sua ricchezza, il suo patrimonio.
Quand’è che le pecore si disperdono? “… nei giorni nuvolosi e di caligine”: due aggettivi che oscurano il cielo con le nuvole e la terra con la foschia. Vengono, per questo, a mancare le stelle di notte per orientarsi e il sole di giorno per scandire il tempo; si perde ogni punto di riferimento spaziale e temporale. Tutto si attutisce, la voce del padrone si fa lontana e ci si smarrisce.
Oggi, forse, anche noi siamo entrati in un banco di nebbia fitta: non ascoltiamo più la voce-guida del pastore o dei pastori, ci avventuriamo in percorsi sconosciuti per una sorta di curiosità che non apporta arricchimento, sbagliamo strada andando dietro a idoli vuoti, ci facciamo del male vivendo senza regole, ci stressiamo in mille attività, alcune dettate solo dalle mode.
Che differenza tra il versetto di Ezechiele: “-Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare” nel quale viene fotografata la premura del pastore per il gregge fatta di riposo e di nutrimento e lo stress che caratterizza i ritmi delle nostre giornate!
In questo corri corri non c’è tempo per dar da mangiare a chi ha fame, per accogliere il forestiero, vestire il povero, fare compagnia ad un malato, visitare chi è in carcere. Non c’è tempo per guardarsi intorno: tutto è fast, per noi e per gli altri: bisogna fare in fretta altrimenti non si riesce a tener dietro ai mille impegni presi e soprattutto non rimane spazio per gli hobbies!
Che stridore con i tempi e lo stile di Dio che Gesù è venuto a farci conoscere. I pastori, in Israele, alla sera, separavano le pecore dalle capre per mettere queste ultime in un riparo migliore in quanto meno capaci di sopportare i rigori delle notti. Non era una separazione “razziale” quanto piuttosto un’attenzione alle diverse esigenze degli animali.
Da questo gesto Gesù trae l’esempio per la rassegna finale. Davanti al trono di gloria, l’unica credenziale da mostrare sarà l’amore che saremo stati capaci di vivere nelle relazioni.
Saremo giudicati per la misericordia, cioè per la capacità che avremo avuto di mettere il cuore nei gesti della vita. Non il cuore con la freccetta, come nei disegni degli adolescenti, ma un cuore maturo che diventa mano e si fa carezza sul volto rugoso di un vecchio, capace di asciugare lacrime, di spazzare il pane con l’affamato, di bussare alla porta del vicino toccato dal dolore
“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché …”.
Siamo chiamati a vivere da “benedetti”, in grado di rispondere e di seguire la voce del pastore. Se poi la vita ci ha feriti o dispersi abbiamo la certezza che “ dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore”. L’immagine di Gesù buon pastore si stampi nella nostra mente e nella nostra anima: dobbiamo sapere con certezza che Egli si prende cura di ognuno di noi soprattutto quando ci sentiamo perduti, smarriti, malati. Fare esperienza di questo amore, di queste attenzioni divine, ci consentirà di aprirci al servizio degli altri.
Ricordando i tanti gesti di bontà che abbiamo ricevuto, impariamo a riconoscere in essi la cura del buon pastore: non siamo stati mai lasciati soli, il suo amore ci ha raggiunti anche attraverso la mano di un amico o forse di uno sconosciuto.
Grazie, Signore, perché ti prendi cura di noi. Niente ci soddisfa, per questo andiamo in cerca di altro che possa colmare questo desiderio di pienezza. Ci allontaniamo dal pascolo erboso e andiamo a stancarci in altri spazi brulli e senza nutrimento. Perdonaci. Desideriamo rimanere con te perché solo tu sei il Pastore: su pascoli erbosi ci fai riposare e ad acque tranquille ci conduci. Grazie per la pace che doni alle nostre anime. Vogliamo essere condotti da te e rimanere con te. Donaci un cuore attento e misericordioso verso tutti, senza distinzione alcuna, per servirti in ogni persona che ci farai incontrare nella speranza di sentire, un giorno, il tuo invito: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché … mi avete amato nel povero, nel debole, nello straniero … Amen.
CB 20.11.2011 MTM