L’annunciazione si apre con l’e­lenco di sette nomi propri di luoghi e persone (Gabriele, Dio, Galilea, Nazaret, Maria, Giuseppe, Da­vide) per indicare, attraverso il numero sette che simboleggia la pienezza, la to­talità della vita. Non ai margini, ma al centro della vita Dio viene, come even­to e non come teoria. Un giorno qualunque, un luogo qualunque, una gio­vane donna qualunque: il primo affac­ciarsi del Vangelo è un annuncio con­segnato in una casa. Al tempio Dio pre­ferisce la casa. È bello pensare che Dio ti sfiora non solo nelle liturgie solenni delle chiese, ma anche – e soprattutto ­nella vita quotidiana. Nella casa Dio ti sfiora, ti tocca, lo fa in un giorno di fe­sta, nel tempo delle lacrime o quando dici a chi ami le parole più belle che sai. La prima parola dell’angelo non è un semplice saluto, ma: Chaîre, sii lieta, gioisci, rallegrati! Non ordina: fa’ questo o quello, inginocchiati, vai, prega… Ma semplicemente, prima ancora di ogni risposta: gioisci, apriti alla gioia, come una porta si spalanca al sole. Dio parla il linguaggio della gioia per questo se­duce ancora. E subito aggiunge il per­ché della gioia: piena di grazia, riempi­ta di tenerezza, di simpatia, d’amore, della vita stessa di Dio. Il nome di Ma­ria è «amata per sempre».

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