25 DICEMBRE 2011

NATALE DEL SIGNORE

Dal libro del profeta Isaìa 9,1-6

Dal Salmo 95

Dalla lettera di S. Paolo a Tito 2,11-14
Dal Vangelo secondo Luca 2,1-14

Dove ci troverebbero gli angeli per annunciare anche a noi la bella notizia? Maria era nella sua casa e quasi certamente stava pregando; “il popolo camminava nelle tenebre”; “Giuseppe … salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme”; “alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge”.

Ognuno al suo posto. Guardiamoci e vediamo dove stiamo, soprattutto come stiamo. Maria e Giuseppe sono arrivati a Betlem per il censimento “Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.

Questi versetti sono la fotografia della storia di Dio e della nostra:

Dio viene in una famiglia piena d’amore e noi siamo quel villaggio dove non c’è posto per accoglierli;

Dio si fa piccolo e noi, alimentando a dismisura il nostro orgoglio, ci crediamo grandi,

Dio sceglie la povertà e noi ci affanniamo ad accumulare,

Dio sceglie di amarci perché ha fiducia negli uomini e noi decidiamo di stare lontano da lui.

In questa notte santa un Bambino è venuto a rendere abitabile il nostro cuore, a dare un senso nuove alle cose che abbiamo, a mostrarci che è possibile amare al di là delle apparenze, delle culture, delle ricchezze, delle differenze.

È una notte di avvenimenti mai immaginati: “un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” esclama il profeta Isaia nella prima lettura.

Tutto ciò che era stato promesso si realizza in mezzo agli uomini, per mezzo di Maria e di Giuseppe: le speranze di intere generazioni, le antiche profezie, la promessa fatta al popolo eletto, prendono forma in una grotta di Betlemme.

Dio ricomincia il suo colloquio con gli uomini attraverso i vagiti di un bimbo nudo posato sulla paglia pungente di un rifugio per animali .

Sant’ Alfonso Maria de’ Liguori nel suo magnifico canto “Quanne nascette Ninno” così descrisse il fieno:

Pe’ nsi’ ‘o ffieno, sicco e tuosto,

ca fuje puosto sott’a te, se ‘nfigliulette

e de frunnelle e sciure se vestette.

Anche il fieno secco e duro fiorì in quella notte mentre noi restiamo aridi e pungenti.

Dove devono venire a cercarci gli angeli per chiamarci fuori dalle nostre catene, per annunciarci che il Natale di Gesù è inizio nuovo, è speranza rinata, è certezza di amore infinito?

Dio ha deciso: si ricomincia da capo, è come una nuova creazione, ma al posto dei grandi corpi celesti una sola luce, Gesù; al posto delle migliaia di animali che riempirono il cielo, la terra e il mare uno sparuto gregge di pecore infreddolite, al posto di intere popolazioni un gruppo di pastori colmi di meraviglia.

Dio ricomincia da ciò che è piccolo. Lo fa per non spaventarci, per dirci che è possibile riallacciare i legami se è Lui che, per primo, predilige ciò che minuto. Questo è il segno: «troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia»: è l’umiltà di Dio che si rende visibile.

A tal proposito, il santo Padre, nell’omelia di questa notte, ha ricordato che l’ingresso alla chiesa della Natività a Betlemme aveva un portale alto ben cinque metri poi murato e abbassato fino all’altezza di un metro e mezzo. I lavori sono stati fatti per evitare che si entrasse in chiesa rimanendo a cavallo. Il papa ha, quindi, concluso: -Per andare nel luogo dove è nato Gesù Bambino bisogna necessariamente abbassarsi, “scendere da cavallo”, diventare umili-.

Ecco il messaggio dell’Incarnazione: Dio si è abbassato per incontrarci, per venire a visitarci anche nelle grotte dove siamo andati a nasconderci.

Lasciamoci raggiungere dall’annuncio degli angeli dovunque ci troviamo, sia che siamo svegli sia che siamo assonnati come i pastori di Betlemme. Ritroviamo lo stupore davanti al mistero del Dio fatto uomo, deponiamo i nostri ragionamenti e adoriamo un Bambino avvolto in fasce, deposto in una mangiatoia.

Signore perdonaci. Abbiamo creduto che per Natale dovevamo uscire dai supermercati con i carrelli pieni, fare regali inutili e grandi abbuffate di cibo mentre tu vieni a ridonarci la misura della gioia: una famiglia con un bimbo, immagine dell’essenzialità. Perdonaci perché abbiamo scambiato questa notte per un tempo di divertimento, di chiasso e di sprechi. Tu ci ricordi che hai scelto di essere povero, di essere senza casa, di essere fuggiasco, per essere solidale con chi non ha soldi, non ha casa, non ha più una terra. Perdonaci. In questa notte santa, davanti a Te che sei “Principe della pace” vogliamo inchinarci e adorarti in silenzio, con il cuore stupito dalla meraviglia di sapere che sei Dio – con – noi , l’Emmanuele per sempre. Amen.

CB 24.12.2011 MTM

Auguri cari! Maria Teresa

E’

Natale

ogni volta

che sorridi

ad un fratello

e gli tendi la mano.

E’ Natale

ogni volta che rimani in silenzio

per ascoltare l’altro.

E’ Natale

ogni volta che non accetti

quei principi che rilegano gli oppressi

ai margini della società.

E’ Natale

ogni volta che speri con quelli che

disperano nella povertà fisica e spirituale.

E’ Natale

ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti

e la tua debolezza.

E’ Natale

ogni volta che permetti al Signore di rinascere

per donarlo agli altri.

Madre Teresa di Calcutta