01 GENNAIO 2012

MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO

Dal libro dei Numeri 6, 22-27
Dal Salmo 66

Dalla lettera di S. Paolo ai Gàlati 4,4-7
Dal Vangelo secondo Luca
2,16-21

La liturgia della Parola di questa domenica, primo giorno dell’anno, è come racchiusa tra due parentesi, simili a due mani congiunte a formare una coppa piena di benedizioni e di stupori.

Sono azioni del cuore e dell’intelligenza e appartengono primariamente a Dio, ma gli avvenimenti che la liturgia ci ha fatto rivivere in questi giorni hanno suscitato nel cuore di molte persone proprio lo stupore e la benedizione, insieme a trepidazioni e ad interrogativi.

È stato tempo di grandi colloqui tra cielo e terra, tra le creature e il Creatore, tempo di attese, di compimenti, di domande, di risposte, tempo di timori e di rassicurazioni.

Protagonista del più difficile dei dialoghi è stata Maria di Nazaret, posta dalla liturgia all’inizio del nuovo anno, quasi come cardine del tempo.

La giovane vergine si è stupita e intimorita, si è umiliata, ha esultato, ha gioito e benedetto. In lei l’azione di Dio è fluita tanto dolcemente da non incontrare alcun ostacolo. Dio non ha dovuto usare lo scalpello per scolpire la sua forma, per realizzare la sua opera in lei; è bastato il soffio leggero dello Spirito Santo, come una carezza leggera e tutto di Maria è diventato sacro a cominciare dal suo grembo che ha partorito il Verbo fatto carne.

Davanti al mistero che l’avvolgeva e ai segni, talvolta contraddittori, che ha incontrato sul suo cammino, Maria non ha smesso di benedire il Signore. Era lei stessa una benedizione e ogni suo gesto, ogni suo pensiero era di riconoscenza a Dio. Coltivava dentro di sé un abbandono totale e fiducioso in Dio e, pur continuando a meravigliarsi per i segni straordinari che circondavano la nascita del figlio, “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”.

Questo suo “meditare” le fa guadagnare il titolo di “sede della Sapienza”. L’esercizio della meditazione che rende la persona più umana a noi manca: ci affanniamo in tante cose a scapito di ciò che ci renderebbe più capaci di comprendere noi stessi e gli altri.

Maria, semplice ragazza di Israele, oggi ci indica il sentiero da percorrere per il nostro bene: osservare, conservare, meditare, benedire.

Saper leggere i segni, gli avvenimenti, gli incontri significa saper vivere come persone, esercitare le capacità fini del nostro essere; imparare a fare tesoro delle esperienze, custodendole come tappe formative del nostro cammino soprattutto come cristiani, sapendo che niente succede a caso. Forse dobbiamo imparare a riflettere meglio su noi stessi, sul nostro vissuto per verificarci, per acquisire la capacità di chiedere perdono e di benedire.

Nel libro dei Numeri il Signore, attraverso Mosè, insegna agli Israeliti a benedire “… direte: Ti benedica il Signore e ti custodisca …”. È una benedizione bellissima che dice quanto amore si ha per l’altro e quanta fede si ha in Dio: non si può benedire se non si ha fede, se non si ha amore. Siamo invitati a benedire per fare del bene prima di tutto a noi stessi: ogni volta che benediciamo i figli, il marito, la moglie, l’amico facciamo memoria dell’amore che ci lega all’altro e a Dio. Forse non siamo abituati a farlo, ma dobbiamo ricordare che, appena due generazioni fa, le nostre nonne possedevano un linguaggio ricco di benedizioni, attualmente purtroppo scomparso.

Benedire, cioè dire-bene, è l’impegno che vogliamo assumere in questa alba nuova e luminosa, piena di speranze per diventare, sull’esempio di Maria, “benedetti”

Maria oggi ci viene donata come madre della chiesa, nella pienezza del suo ruolo: una madre attenta alle nostre necessità, come a Cana di Galilea, fedele nel rimanerci accanto nella sofferenza, consolatrice come con gli apostoli nel cenacolo, discreta con il suo silenzio, lapidaria nelle sue parole: «Fate quello che egli vi dirà».

Maria è immensamente più grande dell’immagine che forse ci siamo fatti; le litanie lauretane, che si dicono al termine del rosario, le rendono, solo in parte, la sua grandezza cantata magnificamente nelle liturgie orientali. Chiediamoci quanto ci sentiamo Chiesa per godere di una tale maternità.

Vergine santa, ti ringraziamo per ogni giorno che hai trascorso sulla terra. Sei stata la consolazione di Dio, la madre di Gesù, il terreno fertile dello Spirito Santo. Ti ringraziamo perché sei il nostro Mar Rosso: attraverso di te, lasciamo la schiavitù del peccato e arriviamo alla salvezza. Vogliamo imparare, giorno dopo giorno, ad essere chiesa, comunità dei credenti, capaci di dire-bene anche nei momenti difficili. Sostienici nel cammino per poter sempre benedire fino a diventare anche noi una benedizione. Amen.

CB 01.01.2012 MTM