Gesù ha scelto il pane come simbolo dell’intera sua vita. Perché per arrivare ad essere pane c’è un lungo percorso da compiere, un lavoro tenace in cui si tolgono cortecce e gusci perché appaia il buono na­scosto di ogni cuore: spiga dentro la paglia, chicco den­tro la spiga, farina dentro il chicco. Il percorso del pane è quello di coloro che amano senza contare le fatiche. Se­mini il grano nella terra oscu­ra, marcisce, dice il Vangelo, e nascono le foglioline. È bello a gennaio vedere le foglioline tremare mentre si alzano so­pra la neve. Ma se ti fermi lì, hai vinto il nero della terra e il bianco della neve, ma non di­venti pane. Per diventarlo de­vi andare su, salire, e a giugno la spiga gonfia si piega verso la terra, quasi a voler ritornare lì, a dire: «ho finito». Invece vie­ne la mietitura, e se lo stelo di­ce «basta, ho già patito la vio­lenza della falce!» non diven­ta pane. Poi viene la battitura, la macina, il fuoco, tutti pas­saggi duri per il chicco. A co­sa serve alla fine tutto questo? Serve a saggiarci il cuore. Dio ci mette alla prova perché sa che dentro di noi c’è del buono, vuole soffiare via la pula perché appaia il chicco, to­gliere la crusca perché appaia la farina. Al buono di ciascu­no Dio vuole arrivare.

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