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NON UN LUOGO MA UN TEMPO

Partiti due a due, i discepoli tornano carichi d’umanità toccata e guarita. E attorno a loro così tanta gente che non avevano più il tempo per mangiare, per vivere.
Tutto questo può essere esaltante, può sembrare la benedizione di Dio sulla missione. Invece Gesù vede più lontano.
Il successo non lo esalta, l’insuccesso non lo deprime: queste cose sono solo la superficie mobile delle onde, e non la corrente profonda degli eventi.
E allora si preoccupa di riportare i suoi all’essenziale: venite in disparte! Riposatevi un po’. Parola bella come un miracolo, filo saldo che corre nel racconto: è in ansia per i suoi amici!
C’è tanto da annunciare, c’è tanto da guarire. Israele è pieno di vedove di Naim che piangono figli morti, e di pietre pronte a lapidare adultere prostrate. E Gesù, invece di lanciare i discepoli dentro il frullatore dell’apostolato, li porta via con sé, in disparte.
Quasi a perdere tempo.
Ma nella bibbia, il deserto vuole sempre e solo parlare al cuore (Osea 2).
A Lui interessa ciò che sei, non ciò che fai. Non chiede ai dodici di pregare affinando il metodo per nuove missioni, ma di prendersi del tempo per essere.
È il gesto d’amore di chi ti ama e ti vuole felice.
C’è un tempo per agire e un tempo per ritrovare i motivi del fare. Se vuoi fare bene tutte le cose, ogni tanto smetti di farle (S. Ambrogio).
E come loro anch’io ho il dovere di accogliere il mio bisogno di riposo e di attenzioni, quando si affaccia sulla mia fatica.
Stare “in disparte” è molto di più che riprendere fiato. È rivivere il giorno del Signore quando vide che tutto era bello, e si riposò. La vera terra promessa non è un luogo, ma un tempo, e questo tempo è il settimo giorno.
Là Egli parlerà al cuore, lo attirerà a sé: sarà rivelazione e presenza.
Sbarcando tra la folla, si commosse per loro. Gesù è preso fra due compassioni in conflitto: la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla. E sceglie di insegnare agli apostoli, e a noi, l’arte difficile del dimenticarsi.
Partiti per restare soli, i Dodici imparano ad essere a disposizione dell’uomo, sempre. Gesù dice: prenditi del tempo. E subito aggiunge: ma il tuo tempo non è per te, è per l’uomo!
E cambia i suoi programmi, insegnando loro molte cose, e partendo dalla compassione per il dolore del mondo.
Il tesoro che i Dodici porteranno con sé dalla riva del lago è lo sguardo di Gesù che si commuove e non lo nasconde.
Stai con Gesù, lo guardi e impari a a guardare, prima ancora di agire. Come fa ogni cucciolo osservando la madre vivere.
Poi, solo dopo, le parole verranno e sapranno di cielo. Lo saranno quando saprai commuoverti, lasciando così il mondo innestarsi nella tua anima.
Gesù sa che ad annullare la speranza non è il dolore, ma l’essere senza conforto. Sa che l’arcobaleno della compassione è un ponte lanciato nel cielo.
Padre Ermes Maria Ronchi (dalla pagina FB)