Dove va a finire Giuseppe? Perché non c’è più? Perché non abbiamo notizie ulteriori della sua avventura? Niente, non una parola dopo che insieme a Gesù e Maria approda a Gerusalemme

Ad un certo punto del Vangelo San Giuseppe scompare. Insieme a Maria e Gesù e a Gerusalemme. Ma di lui non si parla più, dopo essere stato uno dei protagonisti dei Vangeli.

Sino a quel momento San Giuseppe ha avuto diverse “funzioni”. Giuseppe deve accogliere Gesù, consegnargli l’identità, difenderlo ed educarlo. E poi? E poi deve sparire. Si proprio così. E’ questa la tesi di Don Fabio Rosini nel suo nuovo libro *San Giuseppe – Accogliere, custodire e nutrire” (edizioni San Paolo), in libreria dal 10 giugno.

SAINT JOSEPH
San Giuseppe, uomo giusto e paziente.

Qual è la grandezza del padre putativo di Gesù?

Don Fabio Rosini risponde a queste domande:

Dove va a finire Giuseppe? Perché non c’è più? Perché non abbiamo notizie ulteriori della sua avventura? Niente, non una parola.

È proprio qui la sua grandezza.

Domanda: qual è la missione di un padre?

Risposta: diventare inutile. Badare bene: non essere inutile, ma diventarlo.

Qual è la mèta dell’educazione? Facile: l’autonomia. Quando termina un apprendistato? Quando si è appresa l’arte e la si può esercitare in proprio.

Il più grande successo di un padre? Che il figlio stia in piedi da solo, e sappia vivere senza bisogno di lui.

Se mi dicono che ho fatto bene una cosa è chiaro che mi fa piacere, ma se mi dicono che un mio collaboratore ha fatto bene una cosa, mi impettisco, e, ormai, invecchiando, mi commuovo.

Vedere un figlio diventare autonomo ed originale. C’è da scoppiare di gioia.

San Giuseppe e l’amore “libero”

Il bibilista e ideatore de “Le Sette Parole” sottolinea:

Un educatore che tenga legato a sé colui che educa, è un egocentrico. La tentazione di mettere le grinfie sulla vita delle persone e impossessarsene è pericolosissima.

E cita Papa Francesco:

«Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui. La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù»

tratto da Aleteia