Ascolta il Vangelo:

Il grande mistero che celebriamo in questa solennità della Madre di Dio non attinge i suoi fondamenti dalle Scritture Sacre. L’Apocalisse presenta un «segno grandioso», «una donna vestita di sole» (Ap 12,1), che combatte contro un «enorme drago rosso» (12,3), ma sappiamo bene che si tratta di una figura simbolica che la Chiesa ha riferito tanto a Maria quanto alla stessa comunità dei credenti. Più adeguate e pertinenti possono risultare forse le parole dell’apostolo Paolo:

«Come tutti muoiono in Adamo, così in Cristo tutti riceveranno la vita» (1Cor 15,22)

che specifica anche: «Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo» (15,23). Essendo “di Cristo” in un modo unico e irripetibile, Maria avrebbe già ricevuto – in modo definitivo – quella partecipazione alla vita eterna che il Padre vuole donare a tutti i suoi figli.
Tuttavia, l’Assunzione non sarebbe una festa cristiana se questo speciale destino riservato a Maria non si traducesse in una rivelazione e in un appello anche per la nostra vita. Il vangelo ci ricorda che lo speciale destino di Maria si radica in un atteggiamento di ascolto profondo e attento della parola di Dio, che ha reso manifesto in lei ciò che Dio intende operare nell’umanità di tutti:

«Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45).

Ciò che ha potuto proiettare la vita della Vergine Madre nel cielo stesso di Dio non è altro che la sua paziente disponibilità a camminare nella penombra della fede, collocando le misteriose tessere di una storia «impossibile» nel disegno d’amore di Dio. Maria ha contemplato nelle profondità del suo cuore la creatività di un Dio che ama scrivere la storia al contrario, cominciando sempre dagli ultimi: «Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote» (1,53). Con «umiltà» (1,48) – cioè con una continua adesione a se stessa e alla realtà – Maria si è lasciata guidare fino ai pascoli del cielo e, oggi, risplende come una stella, capace di orientare il cammino di ogni credente e dell’intera comunità ecclesiale.
Non è diversa la strada che ciascuno di noi è chiamato a percorrere, dopo aver ricevuto la grazia del dono battesimale: ascoltare la parola di Dio, aderirvi con umile obbedienza e camminare nella speranza che le promesse di Dio non siano mai impossibili. Certo, le smentite a quello che il nostro cuore intuisce e desidera sono innumerevoli nel viaggio della vita, tanto che talvolta ci trasformiamo in spettatori rassegnati e cinici di un disegno di Dio che tarda a realizzarsi. Gli incontri e gli eventi della vita hanno la capacità di gettarci ora in momenti di grande euforia, ora in abissi di interminabile tristezza, lasciandoci nel cuore l’amara sensazione che sul palcoscenico del mondo non sia stata riservata a noi una parte importante. Guardando all’itinerario di Maria Vergine, oggi possiamo tutti assumere di nuovo la nostra vita senza prenderci né troppo sul serio, né troppo superficialmente. La forza che ci proietta dalla terra al cielo è una povertà di cuore che si traduce poi nella libertà di poter riconoscere tanto i nostri peccati, quanto le «grandi cose» (1,49) che l’Onnipotente sta facendo in noi e nel mondo intero.
La gioia di cui la Chiesa oggi è ricolma sta proprio nella fiducia che il sogno di Dio non possa essere più piccolo della risurrezione di tutti,

«perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti» (1Cor 15,21).

Si tratta di accettare l’idea che la vita – con le sue sofferenze e le sue gioie — non sia qualcosa che si conquista o si produce, ma sia soltanto un dono che Dio desidera farci gratuitamente e per sempre. «Tutti riceveranno la vita» (15,22): questo è il destino meraviglioso che ci attende nell’eternità, là dove la Madre di Dio è già stata assunta per essere «un segno di consolazione e di sicura speranza» (prefazio) per tutti noi che ancora camminiamo in questo mondo nell’attesa di giungere «alla gloria della risurrezione» (preghiera dopo la comunione), dove la vita, con i suoi profumi e i suoi sapori, sarà gustata da tutti, per sempre.

p. Roberto Pasolini