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La parola di Gesù è diversa dalla parola di chiunque altro. “Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità”. La forza della sua parola non consiste nella persuasione ma nella credibilità che emana il suo insegnamento. Gesù mostra come la parola ha autorità quando chi la pronuncia crede davvero a quello che sta dicendo. Anche per noi cristiani dovrebbe valere lo stesso principio. La nostra parola è autorevole non perché riusciamo sempre a vivere in coerenza con essa, ma perché ci sforziamo ogni giorno di provarci. In fondo è questa la testimonianza: il costante tentativo. I testimoni sono coloro che non nascondono la fatica che fanno nel vivere una cosa vera, e sono di estremo incoraggiamento perché umanizzano la proposta cristiana facendone trasparire la gradualità. Porsi come modelli invece ci spinge a mostrare solo la buona riuscita di qualcosa. In questo senso facciamo nascere sensi di colpa perché facciamo percepire agli altri solo quanto sono distanti da ciò che è vero, mentre noi invece ci siamo riusciti, come se fossimo migliori ed eccezionali. La parola di Gesù è una parola autorevole e ciò lo si vede da quanto essa è capace di stanare il male dal fondo della nostra vita: “c’era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte: «Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!»”. Quando incontri qualcosa di vero, ciò che è finto crolla. Per seguire Gesù bisogna lasciarsi rovinare nella nostra parte finta e invischiata con logiche mortifere del male. “Gesù gli intimò: «Taci, esci da costui!». E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male”. Solo Gesù riesce a liberarci dal male senza ricorrere al male. Solo il suo amore sa guarire senza cicatrici peggiori. Delle volte per riscattarsi dal male vissuto si reagisce in maniera eroica, ma non è detto che le persone che siamo diventate siano davvero migliori.

L. M. Epicoco