Ascolta il Vangelo

Professare la fede è un dono dello Spirito, non è frutto di studio, di audience, di calcoli, di bravura umana. Professare la fede è poter dare finalmente un nome e un volto a ciò che riempie la tua vita di significato. “Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”. C’è però da dire che uno degli effetti principali della fede riguarda noi stessi. Mentre pronunci il nome di Gesù come il nome che salva, scopri anche chi sei veramente tu. Ecco perché Gesù prosegue dicendo: “E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»”. Più si conosce Gesù e più si riesce a conoscere anche se stessi. È il miracolo dell’incontro con il Cristo. Ma a questo miracolo va aggiunto il dono delle chiavi del regno dei cieli. Esse hanno sempre una funzione positiva: legare e sciogliere. Legare a un significato ciò che non ha più significato, e sciogliere da ciò che trattiene la vita da tutto quello che non le permette di vivere fino in fondo. È la grazia di vivere in una Chiesa che non è un girotondo ma una gerarchia, cioè un corpo ben ordinato che non funziona come una caserma ma come una famiglia dove la pace regna finchè ognuno vive profondamente il suo posto senza frustrazione. Il Vangelo di oggi non dice solo qualcosa di personale a ognuno di noi, ma ci ricorda che tutti noi siamo fondati sulla roccia di Pietro. E questo Pietro rimane una realtà visibile lungo la storia. In questo senso il papa ha una funzione essenziale, perché ci ricorda questo fondamento.
L. M. Epicoco