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Nessun uomo o donna ragionevole vuole morire, a meno che non soffra di qualcosa che lo esasperi. Anche in quel caso non vuole morire ma vuole liberarsi da quell’esasperazione. Noi siamo stati fatti per la vita, ecco perché la morte è sempre come un ladro che ci ruba ciò a cui teniamo di più. “Se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti”. Non possiamo diventare complici della morte, anche se come società stiamo sempre più cedendo alle logiche dell’eutanasia e di altre cose affini. La morte non è mai la soluzione. Dobbiamo accettarla quando non possiamo più evitarla, ma non certo andarla a cercare come soluzione alla vita. Possiamo farci trovare preparati ma non complici. Gesù ci chiede di combattere questa ingiustizia della morte non scendendo mai a patti con essa, anche se a volte è doloroso e faticoso. In fondo chi sono i santi se non persone così? Il fatto vero però consiste nel non dimenticarci che se da una parte ciò che abbiamo appena detto sappiamo essere giusto, è pur vero che poi quando ci si trova di fronte si sperimenta la paura, l’angoscia, la solitudine, e tutto quello che ci sembrava prima giusto vacilla. Anche Gesù ha sperimentato questo tipo di paura e di tentazione. Lo ha sperimentato l’ultima notte della sua vita, nell’orto degli ulivi. Ed è proprio in quella notte che ci ha insegnato come lottare contro la paura e la tristezza: “Padre, se è possibile passi da me questo calice. Ma non come voglio io ma come vuoi tu”. Solo l’abbandono fiducioso ci aiuta a ritrovare la giusta dimensione davanti alla sproporzione del trauma della morte. Solo consegnandoci in braccio a Qualcuno riusciamo anche ad attraversare questo momento decisivo della nostra vita. Infatti la morte è un momento della vita, non la sua semplice fine. Gesù ha trasformato questa fine in una Pasqua, cioè in un ‘passaggio’. È così che dobbiamo sempre viverlo.

L. M. Epicoco