Ascolta il Vangelo

Essere cristiani significa trasgredire le regole? Sentirci al di sopra della Legge? Non potremmo forse convincerci che il messaggio di Gesù sia un pericoloso “fai da te” morale? È a partire da questa preoccupazione che va letta la richiesta dei farisei nel vangelo di oggi: «Perché fate ciò che non è permesso di sabato?». Effettivamente a una lettura superficiale potrebbe sembrare che l’insegnamento di Cristo abbia simpatia a trasgredire i confini della tradizione religiosa, ma ciò che Gesù contesta non è il sabato, ma l’idolatria del sabato. Infatti possiamo attaccarci in maniera malata a una regola dimenticandoci il motivo per cui una regola esiste. Essa è lì come una grande indicazione, come un segnale, come una bussola, ma non è il viaggio, non è la meta, non è il fine. Stare alle regole solo per stare alle regole, significa aver perso di vista il motivo per cui vale la pena una regola. Il sabato serve a ricordarsi che il primato della nostra vita è di Dio, e se è di Dio allora noi siamo liberi, per questo almeno un giorno alla settimana bisogna astenersi dal lavoro, per ricordarci che non siamo nati per lavorare, ma che lavoriamo per vivere. I discepoli di Gesù, stando con Gesù, sono fisicamente con il motivo per cui esiste il sabato. Infatti è Lui il “Signore del sabato”, cioè è Colui che il sabato indica quando chiede di deporre il fare per ricordarci chi siamo. Pensare che un mezzo sia più importante del fine significa aver pervertito alla base il principio stesso della morale. La conversione che ci chiede il vangelo di oggi non consiste nella trasgressione delle regole, ma nel recuperare il motivo per cui una regola vale la pena. Solo davanti a questa consapevolezza potremmo anche stare certi che siamo davvero attaccati a un bene. Chi si attacca troppo alle regole è perché forse ha perso di vista il vero Bene, ma non si accorge che la cieca obbedienza a una regola non è in sostituzione dell’attività della propria coscienza. La fede cristiana ha bisogno di credenti non di fanatici.

L. M. Epicoco