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“Si calpestavano a vicenda”. Se questa annotazione ha solo un semplice compito descrittivo per dirci che in quel momento c’era molta gente, è significativo pensare che a volte il nostro stare attorno a Gesù ha come effetto collaterale quello di “calpestarci a vicenda”. Dovremmo invece “edificarci a vicenda” o “portare i pesi gli uni degli altri”, eppure non di rado il nostro essere Chiesa non crea un popolo ma una folla che schiaccia. Non basta essere insieme attorno a Gesù per dire che ci sia anche la condizione migliore. Ci penserà però Gesù a sfoltire la folla, attraverso un insegnamento davvero esigente: “Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze”. Quante cose cambierebbero se quello che ci portiamo nel cuore fosse visibile a tutti. Forse molti di noi perderebbero la faccia e la buona fama. E questo perché il cuore delle volte è come un tappeto sotto cui mettiamo tutta la sporcizia che per ipocrisia normalmente non vogliamo far vedere agli altri. L’ipocrisia di cui parla Gesù è il fingere che alla fine miete come unica vittima noi stessi. Chi indossa troppo una maschera alla fine dimentica chi è davvero e vive con la paura che qualcuno possa scoprirlo, fargliela cadere, e magari far emergere tutto quel vuoto che ci spaventa. Ma noi non siamo vuoti al fondo di noi stessi. Noi non siamo delle brutte persone. C’è bellezza dentro di noi. Dobbiamo tornare a credere a quanto siamo belli dentro. Questa bellezza si chiama autenticità. Dobbiamo imparare invece ad alzare sistematicamente il tappeto del nostro cuore e a fare una sana pulizia. Dobbiamo far riconciliare il dentro con il fuori. Quello che pensiamo con quello che diciamo. Quello che ci portiamo dentro con le decisioni che prendiamo all’esterno.

 

Lc 12, 1-7

L. M. Epicoco