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“Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro. Vide anche una vedova povera che vi gettava due spiccioli”. Ci sono dei gesti che esteriormente sono simili, ma quando ne scavi la storia, le intenzioni, il cuore, ti accorgi che sono radicalmente diversi. Gesù ha la capacità di vedere esattamente le intenzioni del cuore, e questo ci mette così tanto a nudo da costringerci a fare i conti con l’autenticità. Essa è una sorta di riconciliazione tra il dentro e il fuori della nostra vita. Tra ciò che facciamo e il perché di fondo lo facciamo. Perché ha ragione Gesù quando dice che i ricchi hanno messo nelle offerte il loro superfluo, mentre quella povera vedova “nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere”. Infatti è già molto lodevole vedere che l’egoismo di una persona arretra almeno nel tentativo di non trattenere per sé il di più, il superfluo, e di offrirlo invece. Ma non basta una misura politicamente corretta per renderci davvero diversi, nuovi. La novità portata da Gesù contempla più il gesto di questa donna che quello dei ricchi, perché è la messa in gioco non di ciò che avanza, ma di ciò che per noi è essenziale. È la capacità di saper dare ciò che ci serve per vivere e non qualche scampolo. Infatti è solo quando metti in gioco ciò che è più prezioso, ciò che più ti sta a cuore, che si comprende quanto effettivamente ti sta a cuore qualcosa o qualcuno. Una madre non mangerebbe il pezzo di pane migliore lasciando ai figli solo il pane avanzato, quello che non mangia perché ormai sazia. Ella farebbe esattamente il contrario. E non importa se quel pane è poco, perché quel poco di pane dato così vale tutto. Penso spesso che alla fine della nostra vita quando ci presenteremo davanti al Signore, non troveremo le quantità delle cose fatte, ma solo la loro qualità. Nell’eternità ritroveremo solo tutto l’essenziale condiviso, e allora capiremo perché era meglio la povertà, perché per un povero ogni cosa è essenziale.
Luca 21,1-4
L. M. Epicoco