Ascolta il Vangelo

Ricomincia da capo l’anno liturgico, quando ripercorreremo un’altra volta tutta la vita di Gesù. L’anno nuovo inizia con la prima domenica d’Avvento, il nostro capodanno, il primo giorno di un cammino (quattro settimane) che conduce a Natale, che è il perno attorno al quale ruotano gli anni e i secoli, l’inizio della storia nuova, quando Dio è entrato nel fiume dell’umanità.

Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per ciò che dovrà accadere. Il Vangelo non anticipa la fine del mondo, racconta il segreto del mondo: ci prende per mano e ci porta fuori, a guardare in alto, a sentire il cosmo pulsare attorno a noi; ci chiama ad aprire le finestre di casa per far entrare i grandi venti della storia, a sentirci parte viva di una immensa vita. Che patisce, che soffre, ma che nasce.

Il mondo spesso si contorce come una partoriente, dice Isaia, ma per produrre vita: è in continua gestazione, porta un altro mondo nel grembo. La terra risuona di un pianto mai finito, ma il Vangelo ci domanda di non smarrire il cuore, di non camminare a capo chino, a occhi bassi. Risollevatevi, alzate il capo, guardate in alto e lontano, la liberazione è vicina.

Siamo tentati di guardare solo alle cose immediate, forse per non inciampare nelle macerie che ingombrano il terreno, ma se non risolleviamo il capo non vedremo mai nascere arcobaleni. Uomini e donne in piedi, a testa alta, occhi nel sole: così vede i discepoli il Vangelo. Gente dalla vita verticale. […]

IL TEMPO DELLE DONNE

Il vangelo sempre nuovo e antico di Luca, non racconta la fine del mondo, ma il suo mistero.
Ci prende per mano e ci porta fuori dalla porta di casa, a guardare in alto, a percepire il cosmo pulsare attorno a noi.
Immensa vita che patisce, soffre e si contorce come tutte le nostre gravide vite, per produrre altra vita.
L’Avvento è il tempo che prepara nascite, il tempo di Maria nell’attesa del parto.
E’ il tempo delle donne, solo le donne sanno cosa significhi davvero la fremente pazienza di attendere. Cosa sia avere occhi già dentro il futuro.

Il dono dell’Avvento è un cuore leggero come la speranza; non la leggerezza della piuma sbattuta dalla brezza, ma quella dell’uccello che fende l’aria per andare più lontano.
La certezza che nel caos della storia e nelle tempeste della vita, il vento di Dio è stabile sopra la mia piccola barca.
In Avvento irrompe la profezia. E, da subito, il primo oracolo disegna il volto di Dio: «Io sono Colui che realizza le promesse di bene».
Quali promesse?
Non mi convince un Dio leale solo a se stesso. Questo lo fanno già in molti, non occorreva un altro profeta per una così piccola rivelazione.
Io ho bisogno di un Dio fedele a parole di bene sull’uomo, a promesse di bene per me; di un amore che non troverà il suo sabato di riposo finché io non abbia raggiunto il suo abbraccio.
Mi commuove questo Dio affidabile, lo sento mio.

Ma state attenti a voi stessi, che il cuore non vi diventi pesante come un laccio all’improvviso!
Verrà inevitabilmente il giorno in cui ci sentiremo col cuore pesante.
Ho sentito anch’io il morso crudele dello sconforto, ma non gli permetto più di farmi compagnia, non gli faccio posto nel trono del mio cuore.
Perchè fin dentro i muscoli e le ossa io so che non ci sarà disperazione finché ricor­do perché sono venuto sulla terra, di chi sono al servizio, chi mi ha mandato qui.

Finché custodisco la testarda idea che la storia è, nonostante tutte le smentite, un processo di salvezza. Perchè so che ad ogni descrizione drammatica seguirà una rottura; e uno squarcio, uno sfondamento di speranza aprirà l’orizzonte, a cambiare tutto.
Allora voi risollevatevi, la liberazione è vicina! Vivete con trepidazione, attenti alle piccole enormi cose della vita: questo mondo, dalla superficialità apparente, ne porta un altro dentro sé; è un vivo, piccolo, sogno da plasmare, che va protetto.
Un mondo che contiene Lui! Che viene, che è qui, che cresce dentro. Non ve ne accorgete?
Scrive Etty Hillesum dal lager: «Esisterà pur sempre anche qui un pezzetto di cielo da guardare, e abbastanza spazio dentro di me per poter congiungere le mani in preghiera».

Allora uomini e donne in piedi! A testa alta, occhi elevati e liberi!
Così vede i discepoli, il Vangelo. Gente dalla vita verticale, creature con gli occhi già dentro il futuro.

AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire