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La scena descritta dal Vangelo di Marco di oggi rende bene l’errore di prospettiva di coloro che non accolgono i messaggio di Gesù: “Entrò di nuovo nella sinagoga. C’era un uomo che aveva una mano inaridita, e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo”. Gli occhi di tutti non sono rivolti a quell’uomo che soffre, ma sono rivolti a Gesù per coglierlo in fallo. È lo stesso sguardo che certe volte abbiamo anche noi con la gente che ci è accanto. Siamo pronti a sottolineare i loro errori, le loro incoerenze, le loro mancanze, ma non abbiamo occhi per vedere la loro sofferenza, il loro dolore, la loro fatica. E così rimaniamo tagliati fuori dalla logica di Cristo che è invece sempre una logica che mette al centro la sofferenza della gente: “Egli disse all’uomo che aveva la mano inaridita: «Mettiti nel mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: «Stendi la mano!». La stese e la sua mano fu risanata”. Ogni volta che giudichiamo un fratello e una sorella dovemmo sentirci addosso lo sguardo sdegnato di Gesù. E anche se abbiamo validi motivi per cui guardare in cagnesco questa gente, dobbiamo ricordarci che Gesù ci chiede uno sguardo altro, capace di saper leggere il dolore che può nascondersi dietro un difetto, una cattiveria, una carattere difficile. Non sempre riusciamo a cambiare queste persone, ma il Signore non ci ha chiesto di cambiarle ma di imparare ad amarle comunque, e a volte l’unico atto di amore che possiamo fare nei loro confronti è cercare di non giudicarle con asprezza.

L. M. Epicoco