Io sono la porta delle pecore.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 10,1-10

In quel tempo, disse Gesù: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita a l’abbiano in abbondanza».

Parola del Signore.

Commenti di don L. M. Epicoco:

C’è un’immagine suggestiva che Gesù usa nel Vangelo di oggi per parlare di se stesso: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». Una porta è il contrario di un muro. Una porta rende possibile il passaggio, collega ciò che è diviso, mette in comunicazione ciò che è separato. Gesù non è il muro del senso di colpa, non è il muro della disperazione, non è il muro dell’incomunicabilità di Dio. Il Suo ruolo è rendere accessibile la vita. In questo senso chi incontra Cristo incontra ciò che spalanca la vita, non ciò che la chiude. Egli è una via d’uscita non una prigione. Tutti gli altri fingono di condurci alla felicità ma molto spesso intrappolano. Gesù è l’unico che mantiene la parola perché il suo scopo non è trattenere ma far abbondare la vita. Ecco una bella definizione di che cosa sia la fede e la santità: “avere una vita in abbondanza”. I santi sono quelli che hanno vissuto la vita in maniera piena, cento volte tanto. I veri discepoli di Cristo non sono tristi mortificati, ma gioiosi viventi. Non a caso uno dei segni più diffusi della santità è una santa allegria, uno spiccato senso dell’umorismo che rivela non la superficialità ma la profonda vita spirituale. Il male infatti ci fa prendere sul serio in maniera paranoica, lo Spirito invece libera fino al punto di riuscire a sorridere anche di ciò che ci fa piangere.